Una cinquantina di appartamenti tra Torino, Trieste, Milano e Bari, dove lavoravano un centinaio di prostitute inquadrate allinterno di una struttura piramidale fatta di «mamme», «zie», sorelle «maggiori» e «minori». A capo della gang il «maestro», un cinese di 54 anni. La banda è stata sgominata dai carabinieri di Savona che hanno arrestato 17 persone. Scoprendo due «mutazioni genetiche»: tutto avveniva distante da Chinatown e ai vertici della banda cerano anche italiani.
I militari liguri sono partiti dalla scoperta di quattro case nel Savonese, dipanando poi il bandolo della matassa, che li ha portati in via Paolo Sarpi. Dove Ljun Wang, dirigeva i suoi traffici, incontrando, nei bar e ristoranti della zona, complici e gregari a cui impartire ordini e indicazioni. Con lui è finito in manette anche il suo braccio destro, Bruno De Fazio, 47 anni residente a Ponte Lambro. A Milano sono stati bloccati anche altri quattro cinesi, un imbianchino egiziano e un altro italiano, Francesco Lojacono. Altri fermi sono stati eseguiti tra Piemonte e Liguria.
Lorganizzazione faceva arrivare le ragazze dalla povera provincia del nord Liaong, sul Mar Giallo. In Italia ricevevano la qualifica di «sorelle minori» e finivano in coppia nei diversi appartamenti gestiti dalle «sorelle maggiori». Sopra di loro «zie» e «mamme» che gestivano clienti e denaro. Con una tecnica molto particolare. In tutta Italia erano operativi una cinquantina di appartamenti collegati ad altrettanti cellulari i cui numeri erano pubblicizzati in riviste «specializzate». Quando il telefono suonava rispondeva sempre una «centralinista» a Milano. Prendeva lappuntamento e quindi annunciava larrivo del cliente alle diverse case. Per non commettere errori ogni cellulare aveva incollata unetichetta con su scritto lindirizzo.
Le tariffe partivano da una cinquantina di euro a salire, fino anche a 100 o 200, in base alla particolarità della prestazione richiesta. Prezzi più salati nelle case della Versilia e della riviera ligure, dove veniva chiesto mediamente il 30 per cento in più.
Il «maestro» non si fermava mai, reclutava le ragazze e poi le rivendeva ad altre organizzazioni, apriva e rivendeva le case. Punto di riferimento per la prostituzione cinese in Italia, a lui doveva rivolgersi chiunque volesse «operare» nel settore. Ljun Wang incassava i quattrini e li reinvestiva in nuovi appartamenti. Sempre facendo attenzione fossero lontane dalle diverse Chinatown. Per non dare nellocchio.
Nessuna violenza infine per la gestione delle prostitute, che potevano fare «carriera» e smettere di vendersi.
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