Blitz delle banche centrali: le Borse volano

A tre anni di distanza da uno dei più sinistri crac della storia, ovvero la bancarotta di Lehman Brothers, le principali Banche centrali si gettano di nuovo nella mischia con un intervento coordinato. L’obiettivo: assicurare ossigeno finanziario illimitato al sistema bancario dell’euro zona, sotto forma di prestiti a tre mesi in dollari a tasso fisso, da qui alla fine dell’anno. Il segnale è di quelli forti, anche perché arriva in un momento in cui è tornato a risuonare alto l’allarme di un possibile default della Grecia nonostante il sostegno di Germania e Francia e si teme quindi un effetto domino tale da travolgere le banche. E infatti l’azione concertata è stata subito salutata ieri dalle Borse a colpi di rialzi anche superiori al 3% (+3,55% Milano), con i titoli del credito in grande spolvero (+6,9% Unicredit, +10,3% Intesa), e dall’alleggerimento sotto i 360 punti dello spread tra Btp e bund tedesco.
All’appello tipo «l’unione fa la forza» hanno risposto tutti i custodi dei maggiori templi monetari: c’è la Bce, che ieri ha dato l’annuncio, a braccetto con la Federal Reserve e sostenuta dagli istituti di emissione di Inghilterra, Giappone e Svizzera. Il livello di coinvolgimento, mai così allargato se non in occasione degli attentati alle Torri Gemelle e - appunto - dopo la bancarotta di Lehman, dà la misura dell’emergenza causata dall’incancrenirsi della crisi del debito sovrano europeo. Gli istituti di Eurolandia, nei cui portafogli sono depositati bond pubblici per miliardi, fanno infatti sempre più fatica a rifinanziarsi. Soprattutto sul mercato americano, dove l’accresciuta diffidenza nei loro confronti sta creando problemi di refunding. La spia delle tensioni sul fronte della liquidità è data in particolare da due fenomeni: l’aumento dei prestiti d’emergenza (4,3 miliardi erogati dalla Bce mercoledì scorso) e la crescita dei depositi delle banche commerciali presso l’Eurotower (da 75,5 miliardi a 87 miliardi).
In attesa che la Banca centrale Usa sciolga, la prossima settimana, il nodo legato a un nuovo quantitative easing (sarebbe il terzo), la manovra a tenaglia di ieri mette sotto tutela il sistema bancario, liberato dall’ansia di finanziamento corrente e tenuto così al riparo dalla speculazione. «È quello che ci voleva», è stato il commento della numero uno del Fmi, Christine Lagarde, secondo cui l’economia globale «è entrata in una nuova fase pericolosa»: «è necessario agire subito, con una risposta collettiva» per rompere il «circolo vizioso» fra crescita debole e bilanci deboli. La Commissione Ue ha infatti rivisto al ribasso le previsioni economiche. Ora sul terzo trimestre è atteso un magro +0,2% del Pil nell’Eurozona, a fronte del +0,4% precedentemente stimato, e sul quarto la previsione è passata da +0,4 a +0,1%. Ma con molti governi impegnati a risanare i conti pubblici, gli spazi per rilanciare la crescita sono ancora più stretti. Il tema sarà al centro da oggi degli incontri in Polonia tra i ministri delle Finanze europei e il segretario Usa al Tesoro, Tim Geithner. La presenza di Geithner non è casuale: anche gli Stati Uniti scontano la frenata economica, tra timori di una double dip recession e una disoccupazione che non scende.
Un trend difficile da invertire anche in Italia, che soffre di «mal di lenta crescita», spiega il Centro studi Confindustria che ha tagliato le stime 2012 sul Pil (da +1,1% stimato a giugno scorso a +0,2%). Occorre «una terapia d’urto.

Perché se la manovra «è pienamente efficace per i conti pubblici», per la ripresa serve un ventaglio di misure: si va dalla riduzione dell’evasione per finanziare la riduzione delle aliquote fiscali, al cambiamento della composizione delle entrate fiscali e contributive, abbattendo nettamente il costo del lavoro e aumentando il carico su consumi e patrimoni immobiliari.

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