Blitz Montepaschi: presa Antonveneta

L’istituto padovano torna italiano: Mps paga 9 miliardi al Santander e prepara un aumento di capitale. La Fondazione resterà oltre il 50%. Nasce la terza superbanca italiana. Il mercato: strategia buona, prezzo alto. Il primo affare della finanza Pd

Blitz Montepaschi: presa Antonveneta

Milano - Il Monte dei Paschi di Siena, con un blitz, ha comprato la Banca Antonveneta. Sul piatto degli spagnoli del Santander (che l’Antonveneta hanno appena preso dagli olandesi di Abn Amro), i senesi hanno messo 9 miliardi. Il tutto con una trattativa durata un solo giorno (fatta direttamente dal presidente Giuseppe Mussari, a cui è subentrata Mediobanca come advisor per dialogare con la controparte Rothschild), che ha preso in contropiede sia il mercato, che non si aspettava nulla del genere, sia un concorrente estero (pare la Bnp-Bnl), bruciato sul filo del traguardo.

Gli elementi chiave sono due. Il primo è che Antonveneta torna a essere italiana. Il secondo è il prezzo: 9 miliardi sono tanti. Non certo in assoluto. Ma se si pensa che due anni fa la banca è passata agli olandesi per quasi 8 miliardi, e se si calcola che dentro al suo «perimetro» c’era anche la banca d’affari Interbanca, valutata circa un miliardo, ed esclusa da questa operazione (resta al Santander) allora si conclude che Mps paga oggi 9 miliardi quello che due anni fa è stato stimato 7. Un bell’affare per il Santander di Emilio Botin. Che rinuncia a fare banca commerciale in Italia. Ma che forse già pensa a rafforzarsi nelle Generali.

Un’incognita, invece, per Siena. Anche se il presidente Giuseppe Mussari, perfettamente consapevole dei conti che tutto il mercato ha fatto ieri pomeriggio, si dice sicuro della bontà dell’operazione che «risulterà accrescitiva dell’utile per gli azionisti Mps già dal 2009». La Banca padovana, molto forte nel Nord-Est, ha chiuso il 2006 con 400 milioni (310 senza Interbanca) e Mussari ha parlato agli analisti di un obiettivo 700 milioni nel 2009, anche grazie a sinergie per 360 milioni. Bisognerà vedere stamane, alla riammissione in Borsa del titolo Mps, dopo la sospensione di ieri, come reagirà il mercato. Se prevarranno le considerazioni finanziarie, o quelle strategiche.

Su questo secondo punto l’impressione è senz’altro positiva: i mille sportelli di Antonveneta, sommati ai 2mila di Mps, fanno di Siena la terza superbanca nazionale, pur distanziata da Intesa e Unicredit. Inoltre la complementarietà geografica nord-sud appare garantita. Va poi considerato che l’obiettivo di crescita, in termini di sportelli, già annunciato da Mps è stato in un solo colpo raggiunto e doppiato. E questo in una situazione di mercato che, come si è visto da recenti molte transazioni su sportelli bancari, è assai difficile per la scarsa offerta.

L’acquisizione verrà effettuata in contanti. I 9 miliardi verranno raccolti la metà con un aumento di capitale, il 20-25% con cessioni di asset, e il restante utilizzando capitale in eccesso. Tra le cessioni in agenda ci sono la quota Finsoe (finanziaria che controlla Unipol, tranciando così un legame storico), e l’apertura a partner nel settore dei fondi. Per quanto riguarda l’aumento, la Fondazione Mps (che è azionista con il 58%) potrebbe diluirsi, ma non sotto il 51%. Mentre gli altri soci decideranno se partecipare. Tra questi Francesco Gaetano Caltagirone ha ieri commentato positivamente l’operazione: «La più antica banca del mondo risulta aggregante e non aggregata». Mentre sul prezzo: «C’erano dei concorrenti, il prezzo viene fatto da domanda e offerta».

Da oggi andranno valutate bene anche le reazioni nella piazza senese.

Dove si nota che la Fondazione ha sì dato un ok di massima. ma nella nota emessa solo in serata parla di «valutazioni da effettuare» prima di decidere se partecipare o meno all’aumento. E se la Fondazione, che il 58% del capitale di Mps, non approva, l’operazione non si fa.

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