Blitz nella banca clandestina: scoperti conti per 200 milioni

In via Padova un’organizzazione raccoglieva i soldi dei negozi etnici. La Gdf intercetta un fiume di denaro che gli immigrati inviavano all’estero

C’è un fiume di denaro sotterraneo che scorre sotto le vie della Milano multietnica, sfuggendo ad ogni controllo e lasciando clandestinamente l’Italia per disperdersi in un gorgo di triangolazioni bancarie in tutto il mondo. A inghiottire il denaro, i punti di raccolta dietro le vetrine dei negozi di via Padova, la via simbolo di un melting pot problematico e spesso violento. Supermercati, internet point e telephone center erano di fatto gli sportelli di una gigantesca banca clandestina che nel corso degli ultimi anni ha mosso più di duecento milioni di euro. A manovrarla, i signori della comunità cingalese: una etnia discreta, compatta, che dà raramente da lavorare ai cronisti di nera. Ma che, proprio per questo, rappresenta un pianeta semisconosciuto: la cui floridità economica ha rappresentato una sorpresa anche per gli investigatori.
Le indagini sulla banca clandestina targata Sri Lanka vengono allo scoperto ieri mattina quando il nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza fa scattare, su ordine del sostituto procuratore Gaetano Ruta, una ondata di perquisizioni e sequestri. Ventuno persone vengono indagate a piede libero per esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Tra loro numerosi collettori, gli addetti a raccogliere - dietro la facciata degli esercizi commerciali tra via Padova e la Centrale - il denaro destinato a essere trasferito nell’isola di Ceylon, ma anche i due personaggi considerati il vertice in Italia dell’organizzazione. A casa di uno di loro vengono trovati e sequestrati 27mila euro in contanti, in un miscuglio di valute diverse: secondo gli investigatori, si tratta del provento di una singola giornata di lavoro di un singolo punto di raccolta.
Se l’ipotesi è esatta, significa che la massa di denaro complessiva è imponente. E le analisi compiute dalla «fiamme gialle» sembrano confermarlo. Sui conti dell’organizzazione sarebbero passati tra il 2000 e il 2009 oltre 200 milioni di euro, con un trend in ascesa costante: nel solo 2009, sarebbero stati rastrellati e trasferiti all’estero trenta milioni di euro. Da dove arriva questa massa di soldi? Una quota viene certamente da attività economiche lecite e spesso anche regolari, ristoranti, aziende di pulizie, artigiani, e sono destinati alle famiglie di provenienza. Ma ora gli investigatori della Gdf si domandano se nel fiume di denaro pulito viaggiassero anche quote più o meno rilevanti di denaro sporco verso destinazioni inconfessabili.


Di certo, a gestire il sistema erano dei professionisti della finanza «parallela»: nel corso dell’operazione sono stati sequestrati 41 conti che smistavano il denaro verso un unico «conto calderone» da cui - attraverso Hong Kong e Singapore - i soldi raccolti in via Padova ripartivano verso il punto di approdo senza più poter venire seguiti.

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