Blitz di Parigi e Londra: videovertice con Obama ma l’Italia resta fuori

Anche se il tenente generale Charles Bouchard, il responsabile dell’operazione «Unified Protector», precisa che la sua missione è di comandare l’intervento militare condotto in Libia da Paesi Nato e da Paesi non Nato per «prevenire attacchi ai civili» applicando «la no fly zone e l’embargo», la questione finalmente comincia a chiarirsi. Oggi si tiene a Londra la prima conferenza internazionale sulla crisi libica, alla quale prenderanno parte, con una quarantina di ministri degli Esteri, i Paesi coinvolti. La conferenza sarà fortemente influenzata dalla posizione degli Stati Uniti, illustrata da Obama nel discorso in diretta tv andato in onda nella notte e nel quale il presidente ha spiegato, come anticipato dalla Casa Bianca, che «l’intervento sarà limitato sia nei tempi sia negli obbiettivi». Ma l’affollato incontro di Londra, al quale prenderà parte come osservatore anche il Vaticano, sarà probabilmente influenzato soprattutto dalle conclusione del «videodirettorio» dedicato alla Libia nel quale si sono ieri pomeriggio Obama, Cameron, Sarkozy e Merkel.
Giocando d’anticipo, comunque, l’asse diplomatico Londra-Parigi, l’unico finora sperimentato in materia, ieri ha diramato un comunicato nel quale invitano le forze fedeli a Gheddafi «ad arrendersi prima che sia troppo tardi» spiegando, a scanso di equivoci, che il Colonnello «se ne deve andare subito». E la Turchia, dal canto suo, si è offerta per una mediazione fra le parti in lotta, con entrambe le quali ha rapporti costanti. «In Libia è in corso una guerra civile e noi dobbiamo porvi fine», ha detto il premier Erdogan, che ha anche annunciato che la Turchia «in base a un accordo con le autorità locali» e «con il consenso della Nato» si appresta a gestire il porto e lo scalo aereo di Bengasi per coordinare l’arrivo degli aiuti umanitari.
Quanto all’Italia, il ministro degli Esteri Frattini, che domani sarà a Washington per vertice a due con la Clinton, sostiene che si debba «trovare una soluzione condivisa non fra i quattro più grandi Paesi europei ma con tutti gli alleati», invita la Lega araba a risolvere il problema dell’esilio di Gheddafi, sicuro com’è che ci siano Paesi africani disposti a offrire asilo al Colonnello «anche se ancora non ci sono proposte formali». E della videoconferenza a quattro ha detto che «non stanno decidendo niente».
Insomma, comincia la corsa ai vantaggi del dopo Gheddafi. La coppia anglo-francese, forte della primazia conquistata sul campo, cerca di forzare la mano alla coalizione, cioè a Obama, per imporre la sua strategia mediterranea contando sul fatto che in America una parte dell’opinione pubblica, ben rappresentata dall’ex presidente repubblicano della Camera Gingrich, che ritiene sia opportuno «sbarazzarsi di Gheddafi». Ma anche, e forse soprattutto, sul fatto che gli Stati Uniti sembrano intenzionati ad alleggerire il loro impegno in Europa e dintorni. Per questo stesso motivo la Turchia, sempre più decisa ad essere protagonista anche sul suo scacchiere occidentale, cerca di far pesare i suoi profondi legami storici e religiosi con la Libia per rimettere piede nella terra perduta cent’anni fa fa da quell’Impero ottomano che l’aveva posseduta per un mezzo millennio abbondante.


Allargando l’orizzonte, la Russia ha tenuto a far sapere di non essere stata invitata a Londra e ha ribadito per bocca del suo ministro degli Esteri Lavrov che l’intervento della coalizione in Libia, con raid, bombardamenti e sostegno agli insorti «non è stato previsto dalle Nazioni Unite».
La Cina, da parte sua, tiene un profilo ancora più basso. Sulla Libia da qualche giorno nessuna presa di posizione ufficiale.

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