Il blitz in tutta fretta per scongiurare un ricorso a Strasburgo

Pedrini (Italia dei Valori): «Ho buoni motivi per credere che la sentenza d’appello sia stata volutamente depositata in ritardo»

Diego Pistacchi

da Genova

C’è una domanda su tutte che ancora non trova risposta: perché è stato fatto un blitz di notte mentre la Corte d’appello di Genova non aveva ancora emesso il suo giudizio? Ieri l’ambasciatore bielorusso Aleksej Skripko ha fornito la sua verità: quel blitz col favore delle tenebre lo hanno consigliato i medici e il tribunale dei minori di Genova. Lo ha detto e ripetuto lui, più volte, in conferenza stampa. Ma c’è chi dà una valutazione ben diversa. È l’onorevole Egidio Pedrini, dell’Italia dei Valori, del partito del «magistrato» Antonio Di Pietro. «Sono convinto che la sentenza di appello fosse già pronta venerdì, e che non sia stata depositata subito», dice prima di spiegare il motivo di una eventuale scelta di questo tipo. E l’interpretazione è inquietante: «La Corte europea di Strasburgo era stata già attivata e nel momento stesso in cui fosse stata depositata la sentenza d’appello avrebbe potuto emettere un provvedimento di sospensiva che di fatto impedisse la partenza della bimba». Che la decisione fosse già stata presa dalla Corte d’appello, d’altra parte è scritto nero su bianco anche nella sentenza depositata ieri: «Così deciso in Genova il 28/09/2006», si legge nel testo. Ma se fosse vero, e provato, che il «ritardo» nel deposito sia stato voluto per agevolare il blitz, sarebbe un fatto grave. «Sì, perché in questo modo si sarebbe impedito di esperire tutti i possibili tentativi in sede giudiziaria - replica Pedrini -. E io chiedo di conoscere tutta la verità. Vorrei anche sapere chi ha dato l’ordine di portare via la bambina venerdì sera. E chi ha chiamato il taxi che l’ha portata all’aeroporto. Chi ha materialmente prelevato la bambina in istituto. E a quale titolo i carabinieri hanno scortato quel taxi, ad esempio per capire se hanno eseguito le indicazioni di un’autorità straniera».
I dubbi dell’onorevole Egidio Pedrini pesano come macigni sulla vicenda. E non aiuta a risolvere certi misteri neppure quel «provvedimento» emesso dal tribunale dei minori di Genova il 9 settembre, tre giorni dopo la sentenza che riaffidava la bambina alle autorità bielorusse. Quel documento, peraltro mai notificato alla famiglia Giusto, si limita a disporre le modalità di riconsegna di Maria all’ambasciata bielorussa. Ma nulla dice sul ruolo che avrebbero dovuto avere le forze dell’ordine nell’agevolare il rimpatrio. E proprio il ruolo del tribunale dei minori di Genova finisce ancora nel mirino dell’onorevole Pedrini. Che ricorda il «carteggio» tra il governo e il presidente del tribunale, Adriano Sansa. Una nota del 5 settembre, su carta intestata della presidenza del Consiglio dei ministri, fa peraltro riferimento a precedenti «contatti intercorsi per le vie brevi» tra Roma e Genova. Applaude la decisione del tribunale dei minori di non concedere l’adozione di Maria ai coniugi Giusto. E spiega che la «Commissione per le adozioni internazionali intende offrire la più ampia e concreta collaborazione per agevolare il rimpatrio» della bambina. Questo quando il tribunale di Genova aveva emesso un provvedimento che imponeva di tenere Maria a Genova fino al 30 ottobre.

Quello stesso 5 settembre, Adriano Sansa rispondeva che «la delicatezza della vicenda è ben presente al tribunale», che le lettere già ricevute dall’ambasciata bielorussa «adoperano un sorprendente linguaggio intimatorio» nei confronti dei giudici stessi e infine che «il tribunale non può evidentemente disporre il trasferimento di una minore in contrasto con le indicazioni mediche competenti». Il giorno dopo, il 6, Adriano Sansa firmava una sentenza che disponeva l’esatto contrario: il rimpatrio di Maria.

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