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Blocchi, cortei, sit-in: tocca alle tute blu fermare mezz’Italia

Veltroni si unisce alla protesta: «Solidarietà ai manifestanti»

da Roma

Autostrade e stazioni ferroviarie bloccate, cortei, presidi e operai metalmeccanici in piazza. Sembra una foto ricordo degli anni ’70, ma ultimamente il passato tende a ripetersi e così è successo pure ieri con le tute blu che sono tornate a rivendicare aumenti salariali e ridefinizione dell’orario di lavoro.
Otto ore di sciopero, dunque, per mettere il sale sulla coda a Federmeccanica, l’associazione confindustriale che riunisce le imprese del settore. Secondo le tre principali organizzazioni di rappresentanza (Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm), l’adesione è stata massiccia raggiungendo una media dell’80 per cento. Differente la versione di Federmeccanica secondo la quale la partecipazione avrebbe riguardato solo il 30% dei lavoratori, un dato inferiore a quello dell’ultimo sciopero.
Restano, tuttavia, i disagi causati dalla protesta. Soprattutto in Lombardia dove cinque cortei hanno bloccato per circa un’ora le autostrade a Brescia (5mila manifestanti), Dalmine (4mila) e Arese. A Torino la manifestazione, che ha coinvolto circa 8.000 persone, è stata aperta dai lavoratori della ThyssenKrupp. Si tratta della fabbrica nella quale si è verificato l’incidente dello scorso 6 dicembre con la morte di sette lavoratori. «Un fenomeno gravissimo e spaventoso che richiede il massimo allarme sociale», ha ribadito ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, riferendosi al tema. A Genova gli operai hanno fermato per mezz’ora la stazione di Brignole, mentre in Emilia Romagna 10mila lavoratori hanno protestato sulla tangenziale di Bologna. A Rimini è stata impedita la circolazione sulla statale adriatica.
Tra le aziende dove l’astensione dal lavoro è stata totale si segnalano la Iveco di Milano e la Marcegaglia di Bergamo, impresa che fa capo alla candidata numero uno alla presidenza di Confindustria. Alla Fiat di Mirafiori, invece, il 75% del personale ha scioperato. Ma perché si è giunti a questo punto? Il contratto dei lavoratori metalmeccanici è scaduto alla fine dello scorso giugno. Da oltre sei mesi le controparti non riescono a raggiungere un accordo sui due punti fondamentali. In primis, gli aumenti: i rappresentanti dei lavoratori chiedono 117 euro (più 30 euro per la contrattazione di secondo livello), Federmeccanica non vorrebbe sforare il tetto dei 100 euro e intenderebbe legare un terzo del maggior costo del lavoro all’aumento di produttività.
La seconda questione spinosa è rappresentata dalla maggiore flessibilità dell’orario di lavoro e dal tema straordinari, una priorità per le imprese ma non per il sindacato. La trattativa, riavviata ieri pomeriggio, è stata aggiornata a questa mattina.
Ma intanto la sinistra radicale soffia sulle polemiche. Per il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, «il rinnovo del contratto è una priorità per i lavoratori perché senza una giustizia distributiva anche la locomotiva Paese fatica a muoversi».

Il ministro della Solidarietà Ferrero ha espresso «pieno sostegno alla lotta» degli operai. E per non lasciare scoperto questo fronte anche il segretario del Pd Veltroni si è detto «solidale con la battaglia» delle tute blu.

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