Cronaca locale

«Un blocco nel click day» Così il Tar riapre la corsa ai permessi di soggiorno

«Un blocco nel click day» Così il Tar riapre la corsa ai permessi di soggiorno

Tutto si consumò in una manciata di secondi, tra le 8 e le 8,06 del 15 dicembre 2007, quando si aprì la caccia ai 170mila permessi di soggiorno in Italia, messi in palio dal governo con il cosiddetto «decreto flussi».
Da centinaia di migliaia di computer in tutta Italia partirono le richieste di regolarizzazione, e la regola era una sola: chi arriva per primo vince. Negli giro di un attimo, i posti disponibili erano finiti. Ora, però, una sentenza del Tar della Lombardia dice che a Milano l’ordine d’arrivo di quella corsa va modificato: perché qualcosa, nel cervellone elettronico che doveva ricevere le domande, andò in tilt. E chi fosse arrivato prima e chi dopo è, a questo punto, impossibile stabilirlo.
Conseguenza pratica: per quindici lavoratori stranieri, i cui aspiranti datori di lavoro avevano presentato ricorso al Tar lombardo, si apre la porta verso il permesso di soggiorno. Per tutti gli altri, per le decine di migliaia rimasti fuori, ormai i termini per rientrare in gara sono scaduti. Ma la sentenza del tribunale amministrativo regionale apre loro la porta per richieste di risarcimento che potrebbero abbattersi a pioggia sugli uffici di corso Monforte. Inoltre, la sentenza costringerà la pubblica amministrazione - in occasione del prossima gara - a escogitare una tecnica di selezione meno esposta ai rischi di black out informatico. Insomma, un sistema infallibile, che non esponga nuovamente la macchina amministrativa al pericolo di nuove contestazioni o richieste di risarcimento danni da parte degli utenti.
Intanto quel ricorso - presentato dai quindici datori di lavoro con l’appoggio dei sindacati confederali - indica in un momento preciso l’intoppo del sistema: quando, poche decine di secondi dopo il «via», una domanda di ingresso per un cittadino dello Sriu Lanka ha mandato tutto in tilt. Il ministero degli Interni, sebbene con linguaggio un po’ criptico («per un mancato allineamento della denominazione della nazionalità Sri Lanka tra il database server di ricezione delle domande ed il codice della componente applicativa di ricezione della domanda») ha confermato che l’intoppo vi fu.
La conseguenza è che decine di migliaia di domande, presentate (forse) in tempo utile vennero registrate dal sistema solo molto più tardi, con l’inevitabile conseguenza di venire respinte. Nel gruppo dei quindici che beneficeranno della sentenza ci sono lavoratori della Moldavia, del Pakistan, del Bangladesh, delle Filippine, del Marocco, del Senegal e dello Sri Lanka.

Per loro, la lotteria dei «flussi» è finita bene.

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