BLUE NOTE Anche il jazz va in vacanza ma torna con Clarke e i Matt Bianco

I Soul Survivors aprono il calendario di settembre e ottobre. Nick The Nightfly: «Che fatica, però il pubblico ci premia»

Antonio Lodetti

Cosa unisce il club Blue Note, Radio Montecarlo e la musica jazz con le sue propaggini più raffinate e moderne? Risposta facile: Nick The Nightfly, super deejay che ha appena pubblicato l’elegante tripla compilation 10th Anniversary (piombata al quinto posto delle classifiche), che non smette di cantare lo swing con la sua orchestra, che allieta le nostre notti radiofoniche e - come direttore artistico - prepara quelle vitaiole al Blue Note. Ogni colpo un centro insomma, anche il nuovo cd: dov’è il segreto? «Interpretare la musica come veicolo per trasmettere emozioni. Così si trovano le canzoni di qualità. Ho diviso il disco in tre parti cercando di organizzare un viaggio completo attorno all’universo sonoro moderno, passando dai Gothan Project a nuovi artisti italiani come i pianisti Cesare Picco e Giovanni Allevi, valorizzando artisti stranieri ma anche italiani come Gerardo Frisina, e aggiungendo qualche piccola chicca come la versione originale de La pantera rosa che mi ha procurato la figlia di Henry Mancini. Metto insieme alcuni classici con le nuove sonorità passando dal soul al nu jazz». Ma preferisce fare il deejay o il cantante? «Cantando mi metto in gioco in prima persona mettendomi alla prova con classici di Sinatra o Ellington e con le mie composizioni originali. L’orchestra funziona bene, e spesso suoniamo con grandi del jazz come Paolo Fresu». E nuovi progetti? «Mi piace scoprire nuovi talenti; a settembre lancerò James Morrison, grande artista che canta come Otis Redding e Ayo, una cantante metà nigeriana e metà romena che ha uno stile molto particolare». Ma al sofisticato Nick il rock non piace proprio? «Come no. A 15 anni suonavo la chitarra, i pezzi dei Led Zeppelin, avevo imparato a memoria tutte le parti strumentali di Starway To Heaven. Amavo i Free con la voce blues di Paul Rodgers e David Bowie. Poi il jazz mi ha stregato con la sua poesia, il jazz è arte, come guardare un bel quadro, o un bel tramonto». Quindi non si può non parlare del Blue Note. «È una soddisfazione enorme ma anche un’immensa fatica organizzare le notti del Blue Note. È vero che a Milano ci sono tantissimi appassionati di jazz ma è stato difficile far capire alla gente lo sforzo che facciamo per portare qui i migliori nomi della scena internazionale. Due concerti a sera per tutto l’anno è uno sforzo disumano. Però i nostri sforzi sono stati premiati. Abbiamo un pubblico fedele che per fortuna continua a crescere».
A fine mese, dopo undici mesi di programmazione, il Blue Note andrà in vacanza, anticipando però alcuni grandi nomi del cartellone di settmbre ed ottobre. Dal 5 al 7 settembre si riapre in modo soft con il soul venato di rhythm and blues dei Soul Survivors che citano gruppi come i Moonglows o i Teenagers di Frankie Lymon. Il 15 e 16 settembre le tastiere e la voce venata di Gospel di Frank McComb. Dal 19 al 21 settembre tre giorni con Stanley Clarke, l’uomo che ha rivoluzionato il modo di suonare il basso, tracimando però dal grande jazz a periodi funky troppo commerciale.

Il 22 e 23 tocca alla voce soul di Crleen Anderson, figlia d’arte e allieva di James Brown seguita il 26 e 27 dallo sperimentale sax di Dave Liebman. Dal 4 al 7 ottobre virata pop con i redivivi Matt Bianco. Il grande jazz torna dal 17 al 19 con il sax alto di Lou Donaldson. Questo è solo l’antipasto, ma non mancheranno le sorprese e i piatti forti.

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