Franco Fayenz
I concerti di Jon Hendricks al Blue Note (due set ogni sera alle 21 e alle 23.30, lultimo domenica prossima alle 21.30) non si possono perdere. Alla soglia degli 84 anni che compirà nel prossimo settembre, la voce del cantore è ancora quella, e non gioca neppure al risparmio. La sua Company, formata da Peter Mihelich al pianoforte, Neal Miner al contrabbasso, Andy Watson alla batteria e dalle voci della moglie Judith Hendricks e di Joel Hazard, sa bene come deve comportarsi. Lo lascia lungamente solo, con i tre ritmi quasi in sordina, in modo che la voce di Jon risalti di più. Poi Judith e Joel cantano con lui e a questo punto lillusione che si sia ricostituito il mitico trio Lambert-Hendricks-Ross degli anni Sessanta è perfetta, tanto più che il repertorio è analogo, aggiornato ma non troppo. Fra i brani si notano Estate, Blues March che fu uno dei maggiori successi dei Jazz Messengers di Art Blakey, Chega de Saudade di Tom Jobim e Take the A Train di Duke Ellington.
La carta vincente del trio vocale di allora e di quello di oggi è il «vocalese», cioè la ripetizione con le voci, e con testi poetici opportuni scritti da Hendricks, degli assolo più celebri di Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Lester Young, e nello stesso tempo di arrangiamenti anche difficili. Ma Hendricks non ha fatto soltanto questo nella sua carriera lunghissima, iniziata in pratica alla radio nel 1932, quando aveva undici anni e lo chiamavano, per celebrare affettuosamente le sue doti, Little Johnny Hendricks.
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