Alla Festa del Cinema a Roma sono arrivati da Bobbio, con un pullman messo a disposizione dal Comune, gli alunni delle due classi terze (A e B) della Scuola Media Vittorino da Feltre. Sono i protagonisti del cortometraggio «Tu che sei diverso», classificatosi tra i 10 finalisti nella categoria «Cortiscuola» dedicata all'età 8/13 anni. A Roma infatti una sezione della Festa, all'interno del programma «Alice nella città», è stata dedicata a cortometraggi, ideati e realizzati nelle strutture scolastiche. La Giuria ha selezionato i filmati nazionali ed internazionali che meglio interpretavano i temi proposti: educazione all'accoglienza, rispetto del «diverso», superamento dei condizionamenti di mode e pubblicità del nostro tempo.
I ragazzini sono partiti da Bobbio alle 4 di mattina di lunedì 22 per tornare alle 4 di mattina di martedì, accompagnati dai loro insegnanti e dall'assessore alla cultura Bruno Ferrari.
Semplice la trama del film che hanno interpretato: Alin, 13 anni, figlio romeno di una badante a Bobbio, viene preso in giro dai compagni di scuola. Due ragazzine lo hanno filmato mentre acquista al mercato, per 10 euro, scarpe da ginnastica imitazione delle firmate che portano gli altri e con il cellulare fanno girare la scenetta; altri compagni, mentre durante la ricreazione sta mangiando un panino, glielo strappano di mano e a turno lo morsicano prima di restituirglielo ridotto un pezzettino e chiedendo con scherno: «è formaggio rumeno?».
Crudele episodio di piccolo bullismo; «uno schifo» ha commentato per quella scena l'interprete di Alin, Manuel Monfasani, che doveva mangiucchiare il panino così condiviso. Conosce da bambino il buon formaggio pulito perché suo nonno, ora in pensione, lavorò al Caseificio della «mozzarella di Ludovico» (una volta in Bobbio), quando chiuse divenne bidello alla Scuola Elementare, apprezzato per gentilezza e il saper fare di tutto.
Manuel non recita mai sopra le righe, appare sensibile ed espressivo come fosse un «ragazzino-prodigio» dello schermo. Merito anche della regista, Anna Bianchi, insegnante per 37 anni alla Scuola Primaria, dove per i filmati realizzati con i suoi allievi di Educazione all'Immagine, è stata premiata in Festival di Cortometraggi: Bergamo, Fano, Pontenure, Pordenone e Torino.
L'altra interprete principale, Francesca (Linda Scotti), è l'unica a capire Alin e lo ferma quando sta per gettare le scarpe da ginnastica nel Trebbia, dicendogli con tenerezza: «te le firmo io con il mio nome».
Protagonista silenzioso è il Trebbia con il paesaggio di Bobbio, dove nel finale in una splendida zummata da sotto l'arco più alto del Ponte Gobbo (forse costruito nel VII secolo dai monaci di S. Colombano) si coglie il dilatarsi del cielo, quasi una speranza. Ma ad emozionare basta l'inquadratura di un orto, di un mucchio di pietre ingentilite in cima da un ciuffo d'erba o dei semi di pioppo a volo nell'aria che sembrano accompagnare l'acqua in corsa del fiume. Immagine questa che ne riporta alla memoria una simile, e indimenticabile, del Gabbiano di Cechov nella regia televisiva di Marco Bellocchio che sul Trebbia aveva girato quella scena dei semi di pioppo.
Un paesaggio messo in risalto dall'umile bellezza dei fiori di campo, dalla varietà delle erbe aromatiche e sottolineato nel suo pregio da una ricca tradizione culinaria, che si avvale di tali ingredienti poveri. Tradizione che compare in un originale libro appena presentato a Bobbio: «Dulcis Amara - Stagioni di fiori e di vita» di Fede Ganimede Carboni. Raccoglie ricette bobbiesi, indica quali erbe e bacche danno sapori unici alle tagliatelle d'ortica, ai pinoli di menta, alla torta di castagne, al rosolio di rosa canina o al liquore di ginepro. «Ho sempre amato i fiori, specie quelli umili dei pascoli e dei boschi», scrive Fede che ama «coltivarli» al suo Mulino all'Erba Grassa. L'arte d'impastare il pane come si faceva una volta è insegnata da Fede in Corsi estivi presso il Mulino, situato andando verso il Penice sotto Santa Maria e sulle rive del torrente Bobbio che a valle si getta nel Trebbia; è dotato di due ruote, come solo quello di Ottone (ora in parte allestito a Museo), in tutto il circondario di Bobbio fino a Piacenza.
Il titolo del libro (pubblicato da ST.ART.UFO-Visual Studio del figlio, artista grafico e scultore) deriva dalle bacche di «dulcamara», solanum il cui uso medicinale iniziò nel XVI secolo.
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