nostro inviato a Verona
Quando si dice la certezza del diritto. Vengono fermati otto nomadi, tutti della famiglia croata Sulic che mandavano sei loro figli tra otto e dieci anni a rubare nelle case del Nord Italia minacciandoli brutalmente. I fermi devono essere confermati da quattro giudici per le indagini preliminari. Martedì il primo gip, clamorosamente, scarcera due fermati per «assoluta assenza di un reale e concreto pericolo di fuga». Ieri gli altri tre magistrati decidono allopposto: convalidano in quanto «sussiste il concreto pericolo di fuga». Stessa inchiesta, stesse imputazioni; i fatti accertati da mesi di controlli e centinaia di spaventose intercettazioni telefoniche eseguite dalla squadra mobile di Verona, nelle quali i grandi urlano orrende minacce di violenze sessuali e i piccoli piangendo si fanno pilotare nelle ville da ripulire. Il 26 giugno scorso, giovedì, la carovana della famiglia Sulic si organizza per lasciare l'Italia. Gli inquirenti decidono di accelerare i tempi: tra sabato e domenica vengono eseguiti i fermi chiesti dal pm veronese Elvira Vitulli. Ieri il gip del tribunale per i minori del Piemonte, il gip di Vicenza e il gip di Alessandria hanno convalidato.
«Sussiste il concreto pericolo di fuga», scrive il giudice torinese Emanuela Dufour a proposito di un diciassettenne che nei pochi anni di attività criminale ha già collezionato 32 diverse identità: «Risulta che i Sulic sono prossimi a lasciare l'Italia per andare all'estero e che ciò appare verosimile in quanto durante l'attività di indagine l'indagato si è recato più volte in Croazia dimostrando in tal modo di essere capace di recarsi agevolmente fuori dall'Italia e di avere contatti che lo agevolano negli spostamenti».
Dello stesso tenore le ordinanze di Alessandria e Vicenza. Quest'ultimo gip ritiene che il pericolo di fuga sussista anche per un Sulic già detenuto: era stato arrestato pochi giorni prima per scontare una condanna definitiva a cinque anni emessa dal tribunale di Forlì. Il gip Agatella Giuffrida sottolinea il «pericolo che l'indagato potesse darsi alla fuga in considerazione della sua accertata mobilità sul territorio italiano e delle sue capacità di sottrarsi all'identificazione mediante il sistematico ricorso a false generalità». Il gip veronese Giorgio Piziali nella discussa ordinanza del 1° luglio ha decretato invece «l'assenza di ogni reale pericolo di fuga» perché «un fermato è già ristretto in carcere» e «gli indagati avevano appena fatto ritorno in Italia», cosa che smentirebbe «una reale e concreta volontà di allontanarsi dal territorio nazionale per non farvi ritorno». Il magistrato osserva la «stabilizzazione illegale nel territorio» della banda nomade: «La mobilità in uscita ma anche in entrata dalla Croazia all'Italia era del tutto ordinaria e non sintomatica di alcuna volontà di fuga». Insomma, se non li prendevano oggi avrebbero potuto farlo domani, quando i Sulic sarebbero tornati a ripulire un altro po' di case in tutto il Nord Italia.
Ma Piziali, che ha seguito l'inchiesta fin dalle origini in quanto era stato lui ad autorizzare le intercettazioni dei telefonini dei Sulic, si è spinto oltre. Dietro la decisione della procura di Verona di chiedere un fermo anziché disporre l'arresto, il gip vede non l'urgenza di intervenire subito, quanto «altri fini gravemente lesivi delle regole anche costituzionali che presiedono la libertà personale». Un disegno politico. «Non sfugge come l'intervento cada in concomitanza con un generalizzato interesse pubblico proprio per vicende come la presente». Come dire che l'inchiesta della procura veronese guidata da Guido Papalia è stata fatta per cercare pubblicità e guadagnarsi il consenso della politica. Quanto alle minacce di stupri sui figli, le urla e il pianto terrorizzato dei bimbi, Piziali li definisce «forti elementi di pressione», «mere espressioni linguistiche rudi e volgari (delle imprecazioni per intenderci)».
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