Bologna continua a imbarazzare la sinistra. Roccaforte storica violata con grande scandalo nel 1999 da un macellaio, Guazzaloca, che correva per il centrodestra e che gli avversari commisero lerrore di sottovalutare. Riconquistata nel 2004 da Cofferati, con grande sollievo, ma al prezzo di incubare e poi far esplodere le contraddizioni interne al centrosinistra, radicali contro riformisti, sinistra estrema contro sinistra «legge e ordine». E anche in questi giorni, il capoluogo emiliano riserva qualche grattacapo al Pd. Il neosindaco Flavio Delbono non ha fatto in tempo ad annunciare la sua nuova squadra, che già deve arginare la furia della Cgil locale («Nasce sotto il segno della debolezza»: questa laccoglienza riservata dal sindacato alla nuova giunta) e dellItalia dei valori, che rimproverano al primo cittadino di non avere mantenuto le (poltrone) promesse. Come se non bastasse, il segretario della Federazione bolognese del Pd, Andrea De Maria, si starebbe preparando a fare le valigie, dopo il deludente risultato del partito alle amministrative (consensi sotto il 40%: dieci punti percentuali in meno rispetto alle politiche 2008).
Delbono non ha rispettato i patti, accusa Silvana Mura, segretario regionale del partito di Di Pietro. Prima delle elezioni, il futuro sindaco avrebbe assicurato la poltrona di vice al dipietrista Plinio Lenzi. Ma dopo la vittoria Lenzi è stato degradato ad assessore al Commercio. Discorso simile per Bruno Pizzica, responsabile dei pensionati per la Cgil: gli sarebbe stato promesso un assessorato, e invece è rimasto fuori squadra. «Io rispondo delle rassicurazioni che ho dato e non ne ho date a nessuno», si è difeso Delbono, rivendicando la sua autonomia nella composizione della giunta. Ma la Mura ha replicato parlando di «un patto ben preciso» tra Italia dei Valori e Pd. Garante del patto? Il segretario provinciale del partito. «Ma le nomine le fa il sindaco, non il partito», ha replicato Delbono.
Un modo per prendere le distanze dal segretario, Andrea De Maria. Il quale, come si diceva, sconta limpressionante emorragia di voti del Pd bolognese e probabilmente anche una gestione del partito considerata troppo personalistica.
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