Bomba di Piscicelli: un milione ai politici

Roma«Mazzettaro» reo confesso - e bipartisan - ma solo «per non essere tormentato». Dopo aver «indotto» le dimissioni di Carlo Malinconico, raccontando ai pm delle vacanze pagate anni prima al sottosegretario del governo Monti in un resort all’Argentario, Francesco De Vito Piscicelli torna dalle toghe capitoline e mette nero su bianco dichiarazioni esplosive, puntando il dito contro i politici di entrambi gli schieramenti. Destinatari, a suo dire, di almeno un milione di euro in tangenti per lasciare che l’imprenditore potesse partecipare agli appalti.
Piscicelli, coinvolto nell’inchiesta su G8 e Grandi eventi, divenuto celebre suo malgrado per l’intercettazione in cui scherzava sul terremoto all’Aquila, collabora da novembre scorso con la procura di Roma che indaga su quelle gare d’appalto milionarie gestite dalla «Cricca», dal G8 ai 150 anni dell’Unità d’Italia, fino ai mondiali di nuoto del 2009. E ieri sera, dopo un nuovo faccia a faccia di diverse ore con il procuratore aggiunto Alberto Caperna, lasciando la procura non ha lesinato indiscrezioni clamorose sulle sue dichiarazioni al magistrato.
«Ho descritto il sistema illecito di aggiudicazione delle gare d’appalto per i Grandi eventi - ha spiegato - e ho fatto i nomi di politici di centrodestra e di centrosinistra che hanno ricevuto soldi». Quanti? «Io - ha aggiunto - ho sborsato un milione di euro in mazzette». Piscicelli, che ha parlato di episodi accaduti tra 2003 e 2008, i nomi dei politici «oliati» non li rivela, ma gli esponenti del centrosinistra sarebbero di «primo piano» e ancora oggi in auge, mentre i politici di centrodestra tirati in ballo dall’imprenditore oggi non ricoprirebbero posizioni di rilievo. Nessuno di loro avrebbe intascato i soldi direttamente. L’imprenditore ha infatti dichiarato di aver versato le mazzette a «funzionari e dirigenti» dell’«unità di missione» di via della Ferratella in Laterano, ossia «l’ente appaltante dei lavori», ed erano questi funzionari pubblici «che avevano il ruolo di tramite con i politici».
L’uomo d’affari campano avrebbe peraltro spiegato ai magistrati di aver dovuto pagare non per vincere gli appalti, ma per poter partecipare. «Io quei lavori - ha ribadito lasciando piazzale Clodio - li ho vinti in maniera regolare. I soldi li ho dati per non essere danneggiato, per non avere il bastone tra le ruote, per non essere tormentato». E oltre al «danno» delle ricche mazzette versate, Piscicelli lamenta anche la beffa: non sarebbe mai stato pagato (avrebbe un credito di 10 milioni di euro) «per alcuni lavori eseguiti nell’ambito dei mondiali di nuoto», ossia quelli della piscina di Valco San Paolo, a Roma, poi finiti nel calderone dell’inchiesta sui grandi eventi.
Tra gli appalti di cui l’imprenditore ha riferito ai magistrati, ci sarebbero la stessa piscina romana, una caserma a Isernia e l’auditorium di Firenze. Sui criteri «Pd-centrici» di aggiudicazione di quest’ultimo appalto erano fioccate le intercettazioni già all’alba dell’inchiesta sulla «cricca», e l’architetto autore del progetto arrivato al secondo posto, Casamonti, chiacchierando con un imprenditore si era sfogato tirando in ballo un complotto romano: «Quell’architetto è di Veltroni, Desideri, l’impresa è di Veltroni e il sindaco Domenici ha preso gli ordini da Veltroni, è una vergogna, ma che ci vuoi fare?».


Ora anche Piscicelli torna a evocare una regia politica per pilotare la gara toscana, e come esempio della «mancata aggiudicazione di lavori decisa da politici che disposero andassero ad altri», danneggiando lui, cita proprio i «lavori dell’auditorium di Firenze, in cui fui costretto a dichiarare in anticipo il ribasso». Per il Pd, ancora alle prese con la vicenda Lusi, potrebbero arrivare altre noie.

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