
Gentile direttore Feltri,
le scrivo dopo aver letto dell'aggressione al turista americano sul treno a Milano. Vivo in questa città da venticinque anni, ma oggi ho paura quando le mie figlie escono di casa. Hanno vent'anni, escono la sera come tutte le ragazze della loro età, ma io non sono più tranquillo. Milano è sempre più invivibile, più insicura. E la cosa che mi colpisce è che si continua a minimizzare tutto. Ma quanto ancora dovremo sopportare?
Con stima,
Alessandro De Luca
Caro Alessandro,
ti ringrazio per avermi scritto con quella sincerità che ormai è diventata un atto di coraggio civile. Tu hai paura. Le tue figlie hanno paura. Milano ha paura. Ho paura anche io. E il sindaco cosa fa? Niente. O meglio: nega.
Da anni Beppe Sala si comporta come un impiegato dell'ufficio negazioni, con la prontezza di chi al primo accoltellamento di turno si affretta a fare sapere che «è un caso isolato», «è stato un momento», «non facciamo allarmismo». Ora dico una cosa chiara e netta: l'allarmismo non lo fanno i cittadini. L'allarme lo crea la realtà.
E la realtà è questa: a Milano si accoltella per rubare una catenina. Si sgozza per un telefono. Si sferra un fendente alla gola per le cuffiette dell'iPhone.
Questo non è degrado. Questo è un crimine sistemico e codificato, perpetrato da bande organizzate, composte da giovani nordafricani, che agiscono con brutalità professionale, come se stessero facendo il proprio mestiere.
Eppure, attenzione, guai a metterlo in luce. Se lo affermi, vieni subito accusato di «razzismo». È la formula magica per zittire chi denuncia. Ma io, caro Alessandro, non mi faccio zittire da chi abusa delle parole per censurare la realtà. Non stiamo parlando di poveri cristi disperati che rubano il pane.
Stiamo parlando di criminali di elevata caratura, di predatori sociali che girano con coltelli in tasca e sangue nelle mani, pronti a colpire al cuore chiunque reagisca. Sono ladri sì, ma soprattutto sicari spietati. E a ogni delitto, la sinistra recita la solita litania: «Non sono integrati perché non li abbiamo inclusi», «è colpa della marginalizzazione», «diamogli la cittadinanza, magari si calmano».
Ma stiamo scherzando?
Qui c'è gente che non vuole integrarsi, bensì vuole disintegrarsi, gente che vuole solo dominare, imporsi, imporre la paura.
Lo fanno a coltellate. E lo capisce chiunque, tranne quelli che vivono nei quartieri bene con la scorta sotto casa e il portiere che filtra il mondo.
Milano è una città splendida, potente, dinamica, ma oggi è diventata anche una trappola per cittadini perbene.
E vogliamo parlare delle forze dell'ordine?
Sono state umiliate per anni.
Oggi un carabiniere se insegue un ladro rischia di finire indagato. Se difende se stesso, viene processato. Se spara, viene sospeso. Se arresta un delinquente, viene filmato e accusato di abuso. Le divise non fanno più paura ai criminali. Le abbiamo delegittimate. Io dico basta. Bisogna restituire dignità, autorità e centralità alle forze dell'ordine. Bisogna espellere chi delinque. Sì: espellere. Non con il modulo per il permesso umanitario, ma con un biglietto di solo andata e possibilmente pure un calcio nel sedere. Perché, finché continueremo ad avere più paura di essere definiti «razzisti» che di essere sgozzati alla stazione, continueremo a vivere e a morire nel silenzio, nella menzogna, nel terrore.
La sicurezza non è un privilegio. Non è nemmeno un accessorio. È il fondamento della libertà.
E chi non difende la sicurezza, ma difende chi delinque solo perché è immigrato, non è buono. È complice.