Nomine, ai salotti chic saltano i nervi

La sinistra accusa il governo di "amichettismo". Dopo aver piazzato i suoi per anni

Nomine, ai salotti chic saltano i nervi
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I deputati Pd interrogano in parlamento (e con urgenza!) il ministro della Cultura Alessandro Giuli, dopo che quest'ultimo si è detto poco convinto dei candidati aspiranti alla vittoria del posto di direttore dei Musei reali di Torino, del Colosseo, della galleria dell'Accademia di Firenze, del museo Archeologico di Napoli e di altre istituzioni pubbliche eccellenti e, come si usa dire, prestigiose. L'opposizione al governo, con la processione dei suoi corifei, sembra cadere dal pero e dà del distributore di poltrone a chi esercita una funzione peraltro legittima. E allora apriamoci pure un varco fra le pieghe della semantica e parliamo di "familismo", "patronage clientelistico", e della recente voce lessicale "amichettismo" (consacrato dalla Treccani). Ma se in linguistica non esistono neologismi perfetti, allora come vogliamo ricordare la nomina di Giovanna Melandri, già ministro della Cultura e poi alla presidenza del Maxxi di Roma, una volta persa la poltrona di governo, per intermediazione di un Dario Franceschini che da ministro ha ricoperto tre mandati? Il potente Franceschini, l'Hemingway del Basso Po, scuola Dc, infine Pd, da sempre abilissimo distributore di incarichi e non certo ai suoi avversari?

O come definiremo i piazzamenti ad hoc del conducator di Rignano sull'Arno, ai (suoi) bei tempi, quando dal ventre della Leopolda catapultava i fedelissimi del Giglio magico, fossero atleti di pallone nei campetti di periferia o vestali leopardate, in ministeri chiave per l'educazione del Paese (Luca Lotti: "Lo sport è cultura", Maria Elena Boschi: "Combattere la sottocultura del sessismo volgare").

Alla sinistra piace poco Giovanni Gentile, i consulenti ministeriali come Ernesto Galli Della Loggia (a proposito, le ricevute dei taxi! È la Nazione intera a volerle controllare), non ne propugnano la memoria, andava benissimo invece scodellare al ministero della Pubblica istruzione una signora il cui cursus honorum negli studi si spegneva fra le sabbie di un diploma triennale per fare la maestra. Sotto Franceschini e con il sorriso del governatore del Piemonte Chiamparino radicò le terga sullo scranno del Salone del libro di Torino il non galvanizzante scrittore pugliese Nicola Lagioia, con tutti i suoi addentellati.

Non sono stati forse Valter Veltroni e Dario Franceschini a sostenere Carlo Fuortes nella sua collezione di amministrazioni, sovrintendenze, dirigenze, segretariati là dove la Cultura è più orientata alle masse o indirizzata ai migliori palati, dalla Rai al Teatro dell'Opera di Roma, al Maggio musicale fiorentino e via elencando? Parlano di prepotenza, soperchieria, perfino fascismo.

Eppure nei decenni ne abbiamo viste, di dislocazioni strategiche. Forse si ha la pretesa di vederle perpetuarsi in eterno, ma è la natura stessa dei sistemi che ricalcano la volontà popolare a prevedere la possibilità del ricambio.

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