Gian Battista Bozzo
da Roma
Una nuova mina sui conti pubblici arriva da Bruxelles: le cartolarizzazioni sanitarie effettuate da tre Regioni - Lazio, Campania e Abruzzo - rischiano di essere considerate come «finanziamento», rientrando così nel computo del debito pubblico secondo gli standard europei. Si tratta di cartolarizzazioni per circa 5 miliardi di euro, che non incidono sul deficit di questanno, ma che aggravano il debito pubblico. Si conferma, per fortuna, landamento positivo delle entrate fiscali, che nei primi sette mesi di questanno crescono del 12,6%. Intanto, Cgil, Cisl e Uil dettano al governo la loro finanziaria, approvando la parte Visco e mantenendo forti riserve sulla parte Padoa-Schioppa. In sintesi, estrema ma concreta: più tasse, niente tagli.
Cartolarizzazioni a rischio. Su richiesta dellIstat, lEurostat - in una lettera del 4 settembre - ipotizza che le cartolarizzazioni su debiti delle Asl, autorizzate nei mesi scorsi dalle Regioni Lazio, Campania e Abruzzo, possano essere considerate come debito pubblico. Secondo Eurostat, la ristrutturazione dei debiti delle Asl nei confronti dei fornitori li trasforma da «crediti commerciali» (non inclusi nel debito pubblico) in un nuovo strumento finanziario, considerato come un prestito. Sarà la Commissione Ue, in particolare il commissario Almunia, ad avere lultima parola in proposito. Se lorientamento di Eurostat sarà confermato, oltre allaggravio sul debito pubblico nazionale, i conti sanitari delle tre Regioni interessate saranno a rischio.
I sindacati: più fisco. Nel documento sulla finanziaria approvato ieri, Cgil, Cisl e Uil puntano sull«equità fiscale» e dicono no alle pensioni nella manovra. «Sì», dunque, al ripristino dellimposta di successione, allaumento del prelievo fiscale sul risparmio e sugli immobili, e al «cuneo fiscale di vantaggio» per il Sud e per le aziende che trasformano lavoro precario in occupazione a tempo indeterminato. Lunica concessione, è che parte del taglio del cuneo possa incentivare la contrattazione salariale decentrata. Netto, invece, il rifiuto dei tagli di spesa, dalle pensioni alla sanità, alla pubblica amministrazione. «Non si può trattare su una logica di spesa che fa tagli allimpazzata», attacca Guglielmo Epifani (Cgil). «Non vogliamo le pensioni in finanziaria: se il governo non ci ascolta, ci faremo ascoltare», aggiunge Raffaele Bonanni, della Cisl.
Entrate, prosegue il boom. A facilitare la strategia dei sindacati, prosegue il boom delle entrate: da gennaio a luglio il gettito è salito del 12,6%, raggiungendo quota 216 miliardi e 917 milioni, (+24,2 miliardi sui primi sette mesi del 2005). Rispetto alle previsioni del Dpef, le maggiori entrate quasi raddoppiano e valgono 1,7 punti percentuali del Pil. Inoltre, come spiega il presidente dellAbi Corrado Faissola, lincremento della tassazione sulle rendite finanziarie non potrà prevedere sconti sui piccoli investimenti: «Tecnicamente è impraticabile - osserva - e ci vorranno mesi ad adeguare il sistema elettronico delle banche, anche senza soglia di esenzione».
Letta, rigore necessario. Il boom delle entrate offre argomenti a chi - come i sindacati e la sinistra radicale - chiede a Padoa-Schioppa di attutire ancora la manovra 2007, già scesa da 35 a 30 miliardi di euro. Fra le voci rimaste a difendere limpostazione del ministro dellEconomia, quella del sottosegretario alla presidenza Enrico Letta: «Cè bisogno di un messaggio di rigore - avverte - altrimenti ci sarà una retrocessione immediata da parte delle agenzie di rating, e non possiamo permettercelo».
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