Piero Pizzillo
da Genova
Non sarà stata la cosa più grave di cui è stato accusato in vita sua, ma Ovidio Bompressi nellorto vicino di casa proprio non doveva starci. Il giudice gli aveva concesso gli arresti domiciliari e lui era uscito di casa per andare in quellorto. Era evaso. Il resto sono giustificazioni, sottigliezze, cavilli. A questa determinazione è giunta ieri la Corte dappello di Genova, che ha condannato lex militante di Lotta continua a sei mesi di reclusione.
Una sentenza che ribalta il giudizio di primo grado, emesso dal tribunale di Massa, che aveva «perdonato» Bompressi per quella scappatella nellorto. Una sentenza che va ad aggiungersi allinfinita serie di decisioni che la magistratura italiana è stata chiamata a prendere sul caso dellomicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi. Bompressi, condannato in via definitiva come il killer che sparò alla nuca del funzionario di polizia su ordine dei leader di Lotta continua, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, deve scontare quel «differimento di pena» di 19 anni 9 mesi e 8 giorni che il tribunale del Riesame di Genova convertì in arresti domiciliari il 18 agosto 1998. Lautore materiale del delitto non poteva restare ancora nel carcere di Pisa per le sue condizioni di salute e gli venne pertanto concessa lopportunità di vivere nella sua abitazione di Massa, nella quale è sempre stato controllato, anche tre volte al giorno, dai carabinieri.
Ma proprio poche settimane dopo la concessione degli arresti domiciliari, Ovidio Bompressi fu protagonista dell«evasione» nellorto. Inevitabile la denuncia, per la quale però era stato assolto in primo grado. Ieri la retromarcia della Corte dappello di Genova, presieduta da Massimo Cappello, che ha applicato le rigide misure di legge in materia. Una sentenza che in sé potrebbe anche influire relativamente sul periodo di pena che ancora deve scontare il militante di Lotta continua. Ma che al suo avvocato difensore proprio non è andata giù. «Sono molto seccato - ha detto il legale, Ezio Menzione - soprattutto in prospettiva della grazia. Non dico che questa condanna sia ostativa, ma una cosa così è fastidiosa. Oltretutto Bompressi, che è sottoposto a tre controlli quotidiani, per 10 anni si è sempre comportato benissimo».
Dopo le numerose decisioni di diverse Corti dappello italiane, di più pronunciamenti della Cassazione al termine delle quali il processo per lomicidio Calabresi è stato ormai definitivamente chiuso con la condanna di Bompressi, Sofri e Pietrostefani. La confessione di Leonardo Marino, autista durante il blitz, è stata ritenuta credibile e non è più oggetto di possibili revisioni. Per questo Bompressi può solo sperare proprio nella grazia per tornare completamente libero a 33 anni di distanza dal delitto.
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