Roma - Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl, secondo il commento dell’economista Francesco Forte pubblicato ieri dal «Giornale» la sua proposta di rivedere la tassazione delle rendite finanziarie potrebbe generare un «effetto Grecia».
«Capisco il suo punto di vista e credo che abbia una parte di fondamento. Però noi non possiamo vivere in una condizione statica e quindi una via di mezzo bisognerà pur trovarla».
La sua proposta nasce dall’esigenza di difendere coloro che hanno un reddito fisso.
«Lavoratori e pensionati da soli pagano la “bolletta Italia”. L’83% del carico fiscale è sostenuto da loro. A volte sembra di vivere nell’Italia degli anni ’60 dove praticamente non esistevano partite Iva, lavoratori autonomi e professionisti e tutti erano o salariati o stipendiati».
Ma anche i lavoratori dipendenti e i pensionati risparmiano.
«Non vorrei che dietro i piccoli risparmiatori si nascondessero altri interessi. I governi, per arginare la crisi, hanno pompato 2.400 miliardi di euro negli istituti di credito che hanno ricominciato a fare trading con guadagni superiori al periodo precedente considerato che il costo del denaro è inferiore e la provvista costa di meno».
Secondo lei, speculerebbero puramente?
«Fanno speculazioni sulla moneta e non concedono crediti alle imprese tranne le banche territoriali. Insomma, realizzano guadagni esorbitanti alle spalle dei contribuenti che hanno dovuto coprire i loro buchi con costi che non si giustificano».
In Italia, però, il sistema ha tenuto e non sono state necessarie manovre eclatanti come quelle statunitensi, britanniche e tedesche.
«Si ricordi che Basilea 2 ha stretto la gola alle imprese e ora si va verso Basilea 3 con gli stessi presupposti, anzi peggio perché i titoli tossici sono ancora in circolazione. I consumi languono, le imprese pagano di più il credito e c’è ingiustizia fiscale. Mi chiedo perché a nessuno venga in mente di tassare le banche. Oppure per evitare un tracollo degli investimenti si potrebbe seguire la linea di Obama separando le banche commerciali, che possono fare prestiti a famiglie e imprese, dalle banche di investimento».
Lei pensa dunque a una riforma fiscale di più ampio respiro.
«Certo, perché le imprese hanno un carico fiscale superiore a quello degli altri Paesi europei e questo scoraggia gli investimenti esteri oltre a favorire la delocalizzazione di quelli già esistenti. Comprendo la cautela sul rifinanziamento del debito pubblico, ma gran parte delle difficoltà dell’economia italiana dipende da una scarsa velocità della spesa pubblica che avrebbe funzione anticiclica».
La spesa è però già impegnata da pubblica amministrazione, welfare, sanità e soprattutto dagli interessi sul debito.
«È chiaro che se si vogliono abbassare le tasse bisogna reperire i fondi. Ma non si parli di pubblica amministrazione in astratto, ma dei molti enti inutili. Si ricordi che la sanità è l’abbeveratoio della politica per le campagne elettorali. Sulle pensioni non c’è Paese che abbia i conti più a posto dell’Italia».
Lei ha proposto di spostare la tassazione dai redditi ai consumi.
«Siamo d’accordo con il ministro Tremonti per definire le linee guida di una riforma radicale. Ci sono già stati scambi di opinioni e mi pare che l’intero governo lo appoggi.
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