nostro inviato a Gubbio
Maurizio Sacconi si sarebbe aspettato «un provvedimento restrittivo» nei confronti di chi, alla festa del Pd, ha bersagliato Raffaele Bonanni con un fumogeno. Teme che dietro a certe prudenze si nasconda quello che considera uno dei peggiori vizi italiani: il «perdonismo della violenza politica». Come se questa avesse un impatto «meno grave rispetto alla violenza senza aggettivi».
Il ministro del Lavoro, poco prima di prendere la parola alla Scuola di Gubbio (il corso di formazione del Pdl voluto da Sandro Bondi e arrivato alla nona edizione), non ha parlato direttamente della ragazza che è stata denunciata a piede libero come l’autrice dell’aggressione al segretario della Cisl durante un dibattito alla kermesse democratica di Torino, Rubina Affronte, 24enne figlia di un pm fiorentino e frequentatrice di un centro sociale. Ma ha spiegato che, in genere, «una volta identificata», una persona sospettata di un dolo «eventuale se non specifico», deve essere sottoposta a un provvedimento restrittivo. «Non posso non pensare alla sentenza perdonista nei confronti dell’aggressore di Berlusconi». E il riferimento è a Massimo Tartaglia, che nel dicembre scorso aveva tirato una statuetta contro il premier ed è stato recentemente assolto. «I reati contro la persona non possono avere inferiore dignità rispetto ai reati contro il patrimonio». E per questo sorprende il fatto che non siano stati presi provvedimenti restrittivi, cioè gli arresti, «nei confronti di chi ha voluto offendere fisicamente la persona di Bonanni».
Il sindacalista ha spiegato che lui preferirebbe semmai arrestare «tanti cattivi maestri». Gli ispiratori di chi non solo gli ha impedito di partecipare a un dibattito pubblico, ma ha rischiato di ferirlo gravemente. «I cattivi maestri meriterebbero una pena grave e purtroppo di questi ne abbiamo sempre di più in Italia, sia nel sociale che in politica». Quello che preoccupa Sacconi è che non siamo in un Paese qualsiasi. L’Italia ha vissuto «l’anomalia di un terrorismo ideologico che ha praticato anche l’omicidio». Fenomeni che possono tornare, proprio sull’onda della tolleranza verso la violenza politica.
Sacconi vede «segnali espliciti di rigurgiti di tipo violento e terroristico», magari con forme organizzative inferiori rispetto al passato, ma comunque in grado di condizionare il corso della democrazia. Sacconi non lo nomina, ma Marco Biagi era un suo collaboratore, insieme a lui ha scritto il libro bianco e la riforma del lavoro. Biagi, e prima di lui Massimo D’Antona, fu ucciso da un gruppo delle Brigate Rosse, in anni in cui tutti davano per scontato che il terrorismo comunista non esistesse più.
Del caso ieri ha parlato anche il padre della ragazza, il pm Sergio Affronte, per dire che Rubina «non ha mai manifestato violenza, fin da bambina è stata educata al rispetto del prossimo, alla tolleranza». Affronte rivela di averla sentita «mezz’ora dopo i fatti di Torino. Non le ho chiesto niente dell’accaduto né tantomeno se fosse stata lei a lanciare quel fumogeno». Non ne parlerà con i colleghi di Torino, assicura. «Ho solo consigliato a mia figlia, con grande pena nel cuore, di trovarsi un buon avvocato». La sinistra antagonista ha solidarizzato con la Affronte. Il centro sociale torinese Askatasuna ha praticamente rivendicato l’aggressione. I Carc, Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, hanno messo insieme le contestazioni di Torino (oltre a Bonanni, anche il presidente del Senato Renato Schifani è stato oggetto delle proteste dei nuovi autonomi) e altri episodi come la guerriglia dei tifosi a Bergamo contro il ministro Maroni.
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