Roma - Raffaele Bonanni, segretario
generale della Cisl,
la crisi dei sindacati...
«Ma quale crisi? Io parlo
per la Cisl e dico che noi guadagniamo
iscritti. Più 84mila
l’ultimo anno, 70mila dei
quali sono attivi. Ormai contiamo
300mila extracomunitari,
siamo la principale
organizzazione di stranieri
in Italia, proprio perché siamo
sempre dalla parte di
chi ha più bisogno».
Attenzione a parlare di immigrati:
terreno minato, visti
gli umori del Nord.
«Guardi, noi non abbiamo
nessun problema da quel
punto di vista. Al nord,
poi...».
Il terremoto elettorale non
vi ha toccato?
«Le do un dato inedito. L'otto
per cento dei nostri iscritti
vota per la Lega. Nel nord
ci sono zone dove i lavoratori
della Cisl sono per il
25-29 per cento con il partito
di Umberto Bossi».
E questo farà cambiare la
vostra linea?
«Veramente noi queste cose
le sappiamo da 15 anni e
agiamo di conseguenza.
Sappiamo benissimo che la
gente vuole un partito che
dia risposte ai problemi della
sua comunità. E sappiamo
anche che, poi, quando
sceglie unsindacato, fa valutazioni
diverse. I nostri
iscritti aumentano perché
la Cisl è laica, pragmatica e
non ha mai assunto posizioni
pregiudizialmente contro
nessun governo».
Atteggiamento che manterrete
anche con il nuovo
governo del Popolo della libertà?
«Con Berlusconi userò gli
stessi argomenti spesi con
Prodi. Si parla di tagliare
l’Ici? Bene, basta che non si
compensi con aumenti delle
altre imposte e addizionali
locali».
E la detassazione degli
straordinari?
«Va bene perché permetterà
alle aziende di usare più
intensamente gli impianti e
ai lavoratori di avere una
paga più pesante».
Non tutte le organizzazioni
dei lavoratori sono disposte
ad accettare un incentivo
per il lavoro straordinario.
«Io non vedo il problema.
Gli straordinari fanno parte
della vita delle persone, servono
a pagare la casa, a
mandare il figlio all’università.
L'unica condizione è
che questa possibilità sia gestita
responsabilmente dalle
aziende e che si dia la precedenza
alla sicurezza nei
posti di lavoro. Poi bisognerebbe
detassare anche il secondo
livello della contrattazione.
Queste sono cose che
io ho sostenuto con il governo
Prodi e che ripeterò anche
ora al nuovo esecutivo».
Lei non si sente un professionista
del veto, lontano
dai lavoratori,comeha detto
il presidente di Confindustria
Luca Cordero di Montezemolo?
«A me questa pare
una logica da “mal comune
mezzo gaudio”.
Noi in tre anni e mezzo
siamo cresciuti di
210mila iscritti. Sfido
chiunque a dimostrare
che
Confindustria
sia cresciuta
allo
stesso ritmo.
Poi
non capisco
questo
cercare
il litigio
perenne proprio
quando
dovremmo
tutti
insieme tirare
la carretta.
Ho apprezzato
le parole
sagge che
sono arrivate da
tante personalità
politiche».
Le critiche di
Montezemolo in
realtà non sono
nuove. Non pensa
si riferisse alla parte
del sindacato più
conservatrice? Non
sono lontani i tempi
in cui voi, assieme alla
Uil, andavate da
una parte e la Cgil dall’altra...
«A me non è parso proprio
che abbia precisato con chi
ce l’ha. Forse preferisce sparare
nel mucchio».
Siamo il Paese occidentale
in cui gli stipendi crescono
meno. Nessuna responsabilità
del sindacato?
«Ma proprio a noi devono
arrivare queste critiche? Sono
più di dieci anni che diciamo
di ritarare la contrattazione
e rafforzare il livello
aziendale».
Però non riuscite a trovare
una posizione unitaria. La
riforma è fallita perché vi
siete presentati al tavolo
senza un vero documento
comune da sottoporre alle
imprese. Come pensa di
uscirne?
«Spero che entro il primo
maggio si possa varare il documento
unitario sulla contrattazione.
A quel punto
Confindustria non avrà alcun
alibi. Vedremo chi vuole
riforme e chi frena».
Con il nuovo governo
pensa ci sia un clima
più favorevole per fare
questa e altre riforme che
servono al Paese?
«Per fortuna c’è
un governo
stabile e
quindi dovrebbero
essere
escluse
situazioni incresciose
come
quelle
che si sono
verificate
con il precedente.
Però i
nodi sono aggrovigliati
e
penso che
servirà comunque
un
clima diverso.
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