Bondi: «Democrazia a rischio se la sinistra prende il Colle»

Il coordinatore di Forza Italia: Prodi punta su un ex comunista al Quirinale per chiudere un triangolo di potere ma porterà alla rovina la sinistra e il Paese

Adalberto Signore

da Roma

Onorevole Sandro Bondi, ora che si è chiusa la partita per le presidenza delle Camera si apre quella per il Quirinale. Per il momento, però, non sembrano esserci margini di dialogo al punto che lei parla di un «piano di occupazione sistematica del potere» del centrosinistra.
«Guardi, sono sinceramente preoccupato della miopia politica dei leader della sinistra».
A chi si riferisce?
«Un uomo come Prodi può benissimo rimandare fino a notte fonda i festeggiamenti per poi annunciare una vittoria inesistente (dal punto di vista numerico, ma ancora di più da quello politico). E può benissimo prendere la parola durante la celebrazione del 25 aprile per dichiarare che lo spirito della Resistenza sarebbe incompatibile con la riforma istituzionale approvata dal Parlamento. Come può proclamare con faccia tosta che il suo governo durerà cinque anni o dire spavaldamente di aver vinto due e zero solo perché Franco Marini è stato eletto presidente del Senato grazie ai voti dei senatori a vita e dei parlamentari eletti all’estero. Così Prodi potrà anche, a dispetto di tutto e di tutti, spingere affinché un ex comunista – secondo le parole di Bertinotti – possa insediarsi al Quirinale, chiudendo così un triangolo di potere a prova di qualsiasi minaccia per il suo futuro».
Però, eleggendo Marini l’Unione ha dato anche un segnale politico di compattezza...
«L’arrogante autosufficienza che ha dimostrato è in realtà una prova di debolezza prima ancora che di irresponsabilità, che espone l’Italia a rischi e a conseguenze gravi sia per le prospettive economiche sia per le divisioni che lacerano l’unità della nazione. Prodi porterà alla rovina la sinistra e il Paese. È costretto dalla sua indole e dalla sua debolezza a fare la faccia cattiva e ad alzare la voce. A fare il gradasso. A nulla serve sapere che l’Italia è divisa in due e che nessuno può pensare di governare senza fare i conti con metà del Paese».
Che intende per «fare i conti»?
«Riconoscere che questa parte dell’Italia (rappresentata dalle regioni più avanzate del Paese) ha delle buone ragioni che vanno rispettate e comprese. E poi ricercare una qualche forma di confronto».
A fine dicembre, proprio in un’intervista al Giornale, fu lei il primo ad aprire al dialogo...
«Ma la nostra offerta è stata subito respinta. E anche ora la proposta avanzata da D’Alema di riconoscere all’opposizione la presidenza di una delle Camere è stata bocciata dai suoi stessi alleati. La verità è che Prodi e la sinistra si assumono la totale responsabilità di scelte che, nelle condizioni eccezionali in cui ci troviamo, negano la legittimità morale e politica di più della metà del Paese e avvelenano ulteriormente il clima politico e civile».
Che ne pensa del discorso d’insediamento di Bertinotti?
«Che è emblematico di una volontà di costruire un regime politico il cui obiettivo è quello negare l’esistenza di un Paese diviso a metà. L’obiettivo è quello di fornire una lettura della realtà politica, sociale economica e culturale alla quale tutti si debbano uniformare».
La prossima partita si gioca sul Quirinale. Dei nomi fatti dall’Unione c’è qualcuno che le sembra possa garantire il dialogo?
«Direi proprio di no. Aspettiamo che avanzino delle candidature che mostrino una presa d’atto del fatto che il Paese è diviso a metà».
Neppure D’Alema, dunque, può avere il vostro sostegno?
«Verso il presidente dei Ds non c’è alcun pregiudizio personale, ma dopo Bertinotti e Marini è chiaro che sarebbe un’ulteriore e inaccettabile imposizione. Sono sinceramente convinto che se anche per il Quirinale si seguirà il metodo dell’imposizione in Italia rischia di nascere un regime. Che viene, da una parte, dalla volontà di Prodi di utilizzare a proprio vantaggio la forza della sinistra e, viceversa, dal progetto della sinistra di utilizzare a proprio vantaggio la funzione di utile idiota di Prodi. A questo, poi, si deve aggiungere il proposito di alcuni poteri, tra cui quello economico e finanziario del Corriere della Sera, di utilizzare sia Prodi che la sinistra per proprie finalità di tipo economico e politico».
Regime è una parola forte...
«Come definirebbe una coalizione che ha una risicatissima maggioranza, per di più tecnica e non politica, che ha le presidenze di Camera e Senato, che controlla già la maggioranza di Regioni, Province e Comuni, il Csm, le banche, le università, i sindacati e i grandi giornali e che presto occuperà manu militari tutta la Rai? Se tingerà di rosso anche il Quirinale, il quadro sarà completo, e avremo una democrazia quantomeno imperfetta, sicuramente anomala».
Quando Berlusconi parla di «opposizione anche fuori dalle Aule» a cosa si riferisce?
«Al fatto che metà del Paese è pronta a mobilitarsi per preservare la sua libertà. Voglio dire chiaro a questa sinistra che le istituzioni non sono centri sociali che si possono okkupare impunemente in nome del proletariato. Auspico che i moderati che albergano nel centrosinistra si oppongano con noi alla deriva che il professor Prodi sta tentando di imboccare perché non è lecito trascinare la massima istituzione dello Stato in un avventuristico braccio di ferro. La nostra reazione democratica sarebbe durissima, in Parlamento e nel Paese».


E sul fronte politico?
«La battaglia più importante sarà quella culturale. Ma sarà decisivo anche il progetto del partito unico dei moderati che possa coinvolgere e rappresentare quella metà del Paese che oggi rischia di essere schiacciata dal regime».

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