Bonifiche ambientali, indagato Bassolino

Nove indagati, tra cui il presidente della Campania e il prefetto di Napoli Pansa, per presunte irregolarità nell’affidamento di lavori di bonifica di siti inquinati lungo il litorale flegreo. Reati ipotizzati: concorso in abuso di ufficio, falso, truffa ai danni dello Stato e corruzione

Bonifiche ambientali, indagato Bassolino

Napoli - Il Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino ed il prefetto di Napoli Alessandro Pansa sono indagati - insieme ad altre sette persone - dalla procura della Repubblica di Napoli nell’inchiesta relativa a presunte irregolarità nell’affidamento di lavori di bonifica di siti e falde inquinati lungo il litorale flegreo, nell’ambito della quale sono state disposte oggi alcune perquisizioni. I due sono sottoposti ad indagini per fatti connessi alla funzione svolta in passato, in momenti diversi, di Commissari per l’emergenza rifiuti in Campania. Gli altri indagati sono i sub-commissari pro-tempore Raffaele Vanoli ed Arcangelo Cesarano, l’avvocato distrettuale dello Stato Giuliano Percopo, il presidente pro-tempore della Jacorossi imprese Ovidio Jacorossi, il vicepresidente Michele Giustozzi, il dirigente della Regione Campania per il settore ambientale Mario Lupacchini, ed, infine, Vincenzo Cocuzza, incaricato dalla Regione Campania di un parere su un atto. Per tutti gli indagati i reati ipotizzati sono concorso in abuso di ufficio, falso, truffa ai danni dello Stato e corruzione.

La Jacorossi, insieme alla società Fintermica, stipulò nel 2001 con i Ministeri dell’Ambiente e del Lavoro, con il Commissariato per l’emergenza rifiuti e con la Regione Campania una convenzione per l’esecuzione di interventi di bonifica dei siti inquinati lungo il litorale flegreo, che prevedeva, tra l’altro, la stabilizzazione da parte dell’impresa di 380 lavoratori impegnati in progetti socialmente utili. Essendo sorto un contenzioso tra le parti - che reciprocamente si accusavano di inadempimenti contrattuali - sul finire del 2007 fu definito un accordo transattivo, che poneva fine alla controversia. Secondo la Procura di Napoli, quell’accordo transattivo - al quale diede parere favorevole l’avvocato dello Stato Giuliano Percopo (sostituendosi, secondo l’accusa, ad una collega che aveva un’opinione diversa) e per il quale sono ora chiamati a risponderne coloro che lo sottoscrissero - fu illecito: uno stratagemma, a parere dei pm La Ragione e Woodcock, per eludere le procedure ordinarie degli appalti pubblici e favorire la Jacorossi. L’impresa, infatti, vide lievitare di circa l’80 per cento i corrispettivi inizialmente previsti, nonostante - ha accertato la Guardia di Finanza - avesse fatto ampiamente ricorso ai subappalti, soprattutto per la movimentazione dei rifiuti dai siti inquinati. Alcuni di tali subappalti, inoltre - secondo dichiarazioni recenti di un pentito, ora sottoposte a verifiche da parte delle Fiamme Gialle - sarebbero finiti ad imprese in odore di camorra.

Il legale di Pansa: operato legittimo  "L’operato del prefetto Pansa nella vicenda dei rifiuti a Napoli è del tutto legittimo ed ispirato alla massima trasparenza e prudenza". Lo afferma l’avvocato Filippo Dinacci, legale di Alessandro Pansa, indagato per aver firmato una transazione con l’impresa Jacorossi. "All’epoca il prefetto Pansa - dice il legale - era commissario straordinario per l’emergenza rifiuti e non aveva alcuna competenza nella materia oggetto dell’inchiesta giudiziaria. Il prefetto, previa intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e su conforme parere legale, sottoscrisse la transazione in quanto, nel 2006, quando lui non era a Napoli, la Jacorossi aveva autonomamente citato in giudizio il commissario rifiuti in carica, nonostante lo stesso non avesse alcuna legittimazione passiva nella causa. Al momento della sottoscrizione, nel 2002 del contratto con la Jacorossi - prosegue il legale - vi era un unico commissario sia per l’emergenza rifiuti che per le bonifiche, che poi fu scisso in due nel 2004. Per tale ragione - aggiunge Dinacci - la vertenza della Jacorossi avrebbe dovuto riguardare solo il commissario per le bonifiche. Al momento della transazione, invece, il commissario rifiuti, incarico conferito da pochi mesi al prefetto Pansa, sottoscrisse solo per chiudere la vertenza giudiziaria, giudicata dai legali rischiosa per lo Stato, come era stato convenuto impropriamente e senza assumere alcun onere economico".

Secondo Dinacci, "non si comprende dunque a quale titolo il prefetto Pansa possa essere chiamato a rispondere nel momento in cui non aveva alcuna competenza che spettava ad altro commissario. Da qui - conclude - la convinzione che la Procura, verso cui si manifesta la più ampia fiducia, possa chiarire la sua posizione immediatamente".  

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