La Bonino alza la posta Di Pietro imbarazza il Pd

Il ministro radicale: "Ci presentiamo con la nostra lista, come Di Pietro». Bloccata la trattativa con il Pd. Intanto Di Pietro svela il suo programma: "Togliamo due reti a Mediaset"

La Bonino alza la posta 
Di Pietro imbarazza il Pd

Roma - Tutto bloccato, nella trattativa tra Pd e radicali. Dal loft, dove Goffredo Bettini, cui Veltroni ha affidato il compito di trovare un’intesa, stava preparando il testo scritto del possibile accordo (numero di seggi sicuri, posti in lista, futuri incarichi), fanno trapelare di essere stati «spiazzati» e «irritati» dall’«imprevisto rilancio di Emma Bonino». Il ministro radicale ieri mattina è intervenuta in diretta a Radio Radicale, spiegando che il facile acquisto che i Democratici contano di fare in casa sua non è così scontato.
Il ragionamento della Bonino è semplice e concreto: «Se, così come ha fatto con Di Pietro, il Pd si fosse aperto alla coalizione con la nostra lista, noi avremmo abbastanza tranquillamente raggiunto il 2%», spiega. E il 2% equivale ad almeno 15 parlamentari (12 deputati e tre senatori), ben 5 milioni di finanziamento pubblico e «voce autonoma nella campagna elettorale televisiva». Tutte cose che Tonino Di Pietro incasserà senza fatica e senza batter ciglio, ma che ai Radicali vengono negate, in cambio di sei o sette seggi. «Allora - prosegue la Bonino - il punto di partenza della trattativa è questo. E non può essere lasciato al buon cuore dei nostri interlocutori». Buon cuore di cui i radicali non si fidano affatto.

Sanno bene, infatti, che Veltroni tiene molto all’accordo e a poter sfoggiare come capolista un fiore all’occhiello come la Bonino: non solo per gli indubbi successi che ha ottenuto come ministro delle Politiche europee e del Commercio estero («La più brava di tutti, ce ne fossero altri come lei...», assicura il portavoce di Prodi, Silvio Sircana) e per le ottime relazioni che ha stabilito con il mondo imprenditoriale e con quelle realtà produttive del Nord-Est in cui il Pd non riesce a sfondare. Ma anche perché una presenza radicale nelle liste veltroniane coprirebbe un fianco, quello della sinistra liberal, garantista e attenta ai diritti civili, che l’incombente presenza dei cattolici alla Binetti e dei manettari dipietristi rischia di lasciare scoperto. E quindi vulnerabile al saccheggio elettorale da parte della Sinistra Arcobaleno.

Insomma, dice Pannella, l’ingresso dei radicali «è un regalo che noi facciamo a loro, e non viceversa». Solo che è un regalo che i democrat vorrebbero pagare il meno possibile, nella convinzione che tanto i pannelliani non hanno alternative: correndo da soli, si troverebbero davanti il proibitivo quorum del 4%. Né il Pd vuol sentir parlare di simbolo Bonino in coalizione, e la ragione è semplice: quel simbolo finirebbe per togliere voti proprio alla lista Pd, tra gli scontenti (soprattutto ds) del basso tasso di cultura laica del nuovo partito.

Di fronte al «rilancio» radicale, Bettini ha dettato lo stop. Tra oggi e domani, fa sapere, ci dovrà essere un incontro risolutivo. Ma per non perdere la Bonino, il prezzo andrà alzato.
Intanto la campagna acquisti veltroniana prosegue. Dopo le offerte ai figli d’arte (Colaninno, Mondadori, Sensi), il segretario del Pd sta corteggiando il giuslavorista ed editorialista del Corriere Pietro Ichino, da candidare in Lombardia. Lui però vuol prima vedere nero su bianco le proposte innovative che il Pd promette in economia. Nel frattempo in Puglia è scoppiata la grana su un altro economista liberal, Nicola Rossi, e sull’ex direttore dell’Unità Peppino Caldarola. Michele Emiliano, sindaco di Bari e coordinatore del Pd regionale, recentemente avvicinatosi a D’Alema, ha messo il veto sui loro nomi, e non potendo usare il limite delle tre legislature (nessuno dei due le ha fatte) trova una bizzarra motivazione: «Sono intellettuali troppo globalizzati per rappresentare i sentimenti locali».

Nel frattempo però si appresta a ricandidare Khaled Fouad Allam, che più globalizzato di così non si può: è nato ad Algeri e vive a Trieste. «È D’Alema che non li vuole, dopo le critiche sul caso Unipol», spiegano in casa Ds.

In Toscana, potrebbe entrare in lista lo scrittore Sandro Veronesi, autore di quel «Caos calmo» reso celebre dal nudo di Nanni Moretti. In Sardegna si spera di mettere in lista un nome evocativo come quello di Berlinguer. Nella persona della figlia Bianca, volto del Tg3.

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