Gaia Cesare
Il presidente della Repubblica del Senegal, Abdoulaye Wade - che ieri ha ricevuto a Roma il premio di «abolizionista dellanno» per il suo impegno contro la pena di morte - lha definita un «esempio di militantismo». Emma Bonino, il cui impegno politico e civile è stato sempre indirizzato contro la violazione dei diritti umani, conferma il ritratto che di lei ha offerto il leader africano e, con la passione e la caparbietà che la animano ogni volta che si affrontano temi scottanti, lei guarda agli impegni futuri e lancia il suo appello: «Vogliamo e dobbiamo creare una coalizione di Paesi di tutti i continenti che promuova uniniziativa in seno allOnu per una moratoria delle esecuzione capitali e per labolizione della pena di morte». Un impegno che è ormai unemergenza alla luce degli ultimi dati diffusi ieri dallorganizzazione Nessuno tocchi Caino.
Onorevole Bonino, la Cina resta in testa alla lista dei Paesi leader nelle esecuzioni capitali. Un dato che ha poco di nuovo. Ma questassenza di novità non è di per sé un fatto preoccupante?
«Il rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo dimostra che lopacità del regime cinese non è stata scalfita da niente. E il problema più grosso è che in Paesi di stampo dittatoriale i margini di intervento e di pressione diventano molto complicati. Battersi è impossibile perché non cè accesso».
Vuole dire che lottare per labolizione della pena di morte in Cina è molto più complicato che altrove, per esempio negli Stati Uniti?
«Certo. Negli Usa si sa tutto dei detenuti nel braccio della morte, lì possiamo svolgere azioni di pressione per la concessione della grazia e la trasparenza che caratterizza la democrazia americana permette lo svolgimento di campagne e mobilitazioni che in alcuni casi ci hanno fatto venire a capo di errori giudiziari, come è successo nello Stato dellIllinois, dove poi sono state adottate moratorie delle esecuzioni».
La Cina è oggi al centro di un acceso dibattito, che riguarda i diritti umani. Eppure anche il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha chiesto unapertura in favore di Pechino e ha detto che «lItalia guarda con favore allabolizione dellembargo sulle armi alla Cina». Sono questioni separate?
«Ho sempre pensato che quella di Ciampi fosse unidea strampalata. Le questioni non sono slegate tanto che anche lex segretario di Stato Usa, Madeleine Albright, a proposito delle aperture alla Cina ha detto: vi impegnate voi a difendere Taiwan?».
Il segretario generale di «Nessuno Tocchi Caino» ha parlato di «inadeguatezza dellUnione europea su questo tema». Lei è daccordo?
«Due anni fa lItalia pensò che lUe dovesse avere un ruolo centrale. Bruxelles presentò una proposta in sede Onu ma poi lUe non la difese e fu una débâcle. LUnione ha grosse responsabilità, ma noi ora puntiamo a una coalizione di Paesi di tutto il mondo, unalleanza of the willing, dei volenterosi, non solo di bandiera europea».
Intendete quindi dare battaglia in seno al Palazzo di Vetro? Credete di farcela?
«AllAssemblea generale si vota e i Paesi abolizionisti sono ormai la maggioranza. Bisogna capire qual è il gruppo più determinato e fare partire da lì le pressioni».
Tra i «Paesi boia», particolarmente cruenti, cè lIran, che proprio ieri è andato al ballottaggio. Lei crede che una nuova presidenza possa cambiare le cose o luscita di scena dei riformisti rischia di peggiorarle, anche a causa dellintegralismo religioso?
«Le difficoltà incontrate dai riformisti non sono certo confortanti.
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