La Bonino alla Ue: «Sui dazi daremo battaglia»

«La presidenza di turno faciliti il compromesso e soprattutto si mantenga sempre neutrale»

da Milano

Il ministro per gli Affari europei e per il Commercio estero, Emma Bonino, ieri a Bruxelles per il Consiglio competitività, ha lanciato un duro appello alla presidenza di turno (finlandese) dell’Ue affinché faciliti il compromesso e assuma una funzione neutrale nella ricerca di un accordo tra i «25» sui dazi antidumping per le calzature in cuoio provenienti da Cina e Vietnam. La presidenza di turno Ue, ha detto tra l’altro la Bonino, «normalmente facilita i compromessi e comunque assume posizioni di neutralità».
Quello di Helsinki, deliberatamente contraria all’adozione di dazi definitivi, è «un comportamento che ci sembra poco da presidenza» perché, ha sottolineato ancora il ministro, «negli equilibri istituzionali la presidenza ha degli onori ma anche degli oneri. Gli oneri sono quelli di facilitare i compromessi e soprattutto non far pesare interessi nazionali. Da ministro e da ex commissario Ue trovo questo comportamento abbastanza stupefacente».
Lo scorso 20 settembre, l’Unione europea ha rinviato di due settimane la decisione sui dazi antidumping sulle scarpe in cuoio provenienti da Cina e Vietnam. Per proteggere gli interessi dell’industria europea e, in particolare, di Italia, Francia e Spagna, il commissario europeo al Commercio, Peter Mandelson, aveva proposto lo scorso 30 agosto di trasformare i dazi provvisori che scadono il 6 ottobre in misure definitive, applicando una tassa del 16,5% sulle calzature in pelle importate dalla Cina e del 10% su quelle importate dal Vietnam. I «Venticinque», però, non hanno ancora trovato un accordo di maggioranza sulla proposta del commissario britannico. I Paesi membri, infatti, sono ancora divisi tra i favorevoli alla liberalizzazione del commercio, (14 Paesi, perlopiù i nordici, tra cui la Finlandia) e il gruppo di cui fanno parte Italia, Francia e Spagna (in tutto 11 Stati) che invocano invece misure definitive antidumping.
Il danno ai produttori di scarpe europei, e soprattutto italiani, «è stato comprovato da una commissione che non è un coacervo di protezionisti», ha detto la Bonino riferendosi a Peter Mandelson, il commissario Ue al Commercio, e «le regole vanno rispettate. L’Italia ha pochissimo tempo per stringere nuove alleanze ed evitare l’invasione di scarpe asiatiche a basso costo che, a partire dal 7 ottobre, potrebbero essere importate liberamente. Quel che è certo - ha concluso - è che non ci daremo per vinti fino alle 24 del 5 ottobre».
Intanto le proteste salgono anche dal tessile. Gli imprenditori, infatti, chiedono a Bruxelles di assumere «iniziative per la massima tutela del consumatore con il sostegno del governo italiano».

Paolo Zegna e Michele Tronconi, il primo presidente di Smi-Ati (Federazione Imprese Tessili e Moda Italiane), il secondo presidente di Euratex (Associazione imprenditori tessili Ue), in una lettera inviata al ministro Bonino e al commissario Mandelson, scrivono tra l’altro: «Dall’indagine Itf risulta che il 57,6% dei capi di abbigliamento esaminati non rispetta le prescrizioni comunitarie e le informazioni circa la loro reale composizione».

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