Bono, il Marchionne di Sestri che ha sfidato i vecchi privilegi

(...) amministratore delegato del colosso della cantieristica, che è riuscito a sfatare completamente l’idea del dirigente d’azienda pubblica come boiardo di Stato.
L’amministratore delegato di Fincantieri, fra l’altro, è tutt’altro che un padrone delle ferriere, un cattivone che non ha sensibilità per le esigenze degli operai, un amante del sangue e delle relazioni sindacali splatter. Anzi, se proprio, la sua formazione di scuola socialista, a volte lo fa più bonissimo che Bono, sempre attento alle esigenze dei lavoratori.
Eppure, alle nostre latitudini, spesso e volentieri e addirittura con l’appoggio delle istituzioni (resta nella storia l’assemblea sindacale a Sestri Ponente con la benedizione della Trimurti di Regione, Provincia e Comune), Bono è stato osteggiato. E una parte del sindacato ha difeso l’indifendibile: ricordiamo il rischio di perdita delle commesse della Costa e della Carnival per le assemblee e gli scioperi a Marghera che prima bloccarono l’ingresso nello stabilimento di Micky Arison, numero uno della multinazionale delle crociere, e poi addirittura la cerimonia di varo di una nave. Oppure, il tentativo di rivendicare premi di risultato anche per risultati non raggiunti. O, ancora, la pretesa che le regole (e gli stipendi) di Fincantieri valessero anche per dipendenti che non erano di Fincantieri, ma di aziende dell’indotto. Oppure, l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico di dipendenti che dormivano o pescavano a Sestri in orario di lavoro, qualcuno portandosi dietro anche i fucili da sub. Oppure, la sbarra divelta per far entrare a un’assemblea aziendale personaggi che non erano dipendenti dell’azienda e magari anche qualche camallo o esponente dei centri sociali.
Vado a memoria, posso sbagliare su qualche particolare, ma molto probabilmente sbaglio per difetto. Perchè tutti questi episodi altro non sono che spie di una mentalità, che a Fincantieri è sempre stata forte, soprattutto fra i duri della Cgil. Una mentalità che Bono ha provato a sradicare con la forza dei numeri di una gestione che solo grazie all’amministratore delegato e alle sue scelte ha tamponato una crisi mondiale devastante per la cantieristica. Ecco, proprio per questo, proprio perchè abbiamo seguito passo passo la strada di Bono e l’abbiamo incoraggiata - generalmente soli nel panorama di una stampa spesso e volentieri succube di ogni massimalismo - abbiamo appreso con gioia che Marchionne è venuto nel caruggio dell’amministratore di Fincantieri.
Perchè il futuro può essere solo questo. Un nuovo patto sociale fra datori di lavoro e dipendenti, per ottenere i migliori risultati, tutti insieme.
Lontano da una lotta di classe di un altro secolo e di un altro millennio.

Lontano, soprattutto, da privilegi antistorici e sbagliati. Vale per tutti: vale per noi giornalisti, vale per Fincantieri e vale per il Carlo Felice.
L’auspicio è che i Bono si moltiplicano. Per poter raccontare, domani, tempi boni.

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