Politica

Bonus ai poveri, bomba a tempo per il governo

Ripamonti (Verdi): «Non c’è copertura». Rossi e Turigliatto (sinistra estrema): «Se la Camera lo cancella non voteremo la Finanziaria»

da Roma

L’aumento da 150 a 300 euro del bonus per chi dichiara meno di 50mila euro, introdotto al Senato con un emendamento al decreto agganciato alla Finanziaria, rischia di diventare un altro scoglio su cui può sbattere la nave del governo. L’emendamento è stato proposto dai senatori della sinistra estrema Rossi e Turigliatto e votato anche dall’opposizione. Con il risultato che il governo è stato messo in minoranza.
Secondo Rossi e Turigliatto, le maggiori risorse necessarie per raddoppiare il bonus una tantum possono essere reperite attraverso la creazione di un fondo nel quale far confluire il 30% dei cosiddetti «fondi dormienti»: i conti correnti non utilizzati dalle banche.
«Il raddoppio del bonus va tolto alla Camera. La misura non ha copertura». Il verde Natale Ripamonti, relatore di maggioranza al Senato sul decreto, non ha dubbi. Il costo dell’intera operazione «incapienti», infatti, salirebbe di 1,9 miliardi, non compensati dal fondo sui «conti dormienti» e nemmeno dall’extragettito. Ma l’emendamento è stato approvato, e a questo punto il problema è per la maggioranza.
Il decreto con il super-bonus deve essere convertito in legge entro il 29 novembre. Da lunedì passerà alla Camera; senza quell’emendamento dell’estrema sinistra, Montecitorio aveva quasi un mese di tempo per approvarlo. Ora, invece, deve ridurre i tempi per inviarlo nuovamente al Senato se intende correggere (come dice Ripamonti) la norma sul bonus. È assai probabile che per ridurre i tempi di approvazione, sul decreto il governo chieda il voto di fiducia.
Visti i tempi a disposizione, infatti, l’aula di Montecitorio dovrebbe discutere e votare il decreto intorno all’11 novembre, così da vararlo per il 13 novembre. A quel punto, però, il decreto dovrebbe tornare a Palazzo Madama proprio mentre l’aula del Senato è impegnata nella discussione sulla Finanziaria. Quindi, il decreto dovrà essere approvato «in coda» alla manovra. Così - indipendentemente dagli esiti del dibattito politico sulla Finanziaria - il governo dovrà chiedere la fiducia sul decreto (sempre che la Finanziaria superi lo scoglio del Senato) anche a Palazzo Madama.
E lì l’aspettano Rossi e Turigliatto. «Ritocchino pure il bonus alla Camera - dice Fernando Rossi, ex Pdci ora Movimento politico dei cittadini - Tanto da qui devono passare». Stesso discorso da parte di Franco Turigliatto, che anticipa: non voto la Finanziaria nemmeno se il governo mette la fiducia.
In altre parole, i due senatori usciti da Rifondazione e Comunisti italiani fanno capire che se Montecitorio dovesse modificare il decreto eliminando il super-bonus, potrebbero non votare la probabile fiducia al decreto quando tornerà al Senato.

E i loro due voti sono indispensabili per la maggioranza.

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