Economia

Boom di scambi per il ritorno di Parmalat a Piazza Affari

Passa di mano oltre il 17% del capitale. Prezzo superiore ai 3 euro, vicino ai valori delle contrattazioni sul mercato non ufficiale

Angelo Allegri

da Milano

Da ieri Parmalat è una società (quasi) normale. A Piazza Affari ha chiuso la giornata del ritorno sul listino a un prezzo di 3,025 euro, in calo del 2,63% rispetto al valore di apertura, fissato a 3,15 euro, molto vicino alle quotazioni fatte segnare nell’ultimo giorno di contrattazioni non ufficiali. La corsa a vendere e a comprare non si è tradotta in clamorose variazioni di prezzo, anche perché la Borsa aveva preso una serie di contromisure tecniche per evitare «strappi» nelle quotazioni. Ma a dimostrare quanto la giornata sia stata febbrile è la quantità di azioni scambiate: a fine seduta era passato di mano oltre il 17,5% del capitale.
Il prezzo di chiusura dei titoli corrisponde a un valore complessivo della società pari a 4,91 miliardi. Oltre il 50% in più dei massimi raggiunti nel 2002, mentre Calisto Tanzi e i suoi inventavano conti correnti e investimenti che non c’erano, per sostenere le quotazioni della vecchia Parmalat. Quasi cinque volte tanto i giorni drammatici di fine 2003, quando il titolo stabilì un record: in un solo giorno (era l’11 dicembre) perse il 47,43%. Non era mai successo nella storia di Piazza Affari che una società del Mib30, l’indice che raccoglie i titoli maggiori del listino, segnasse un tracollo così repentino e clamoroso.
«Da oggi potremo meglio concentrarci sul business», ha detto il commissario straordinario e amministratore delegato Enrico Bondi, agli oltre 200 analisti che hanno assistito alla presentazione della società in quello che una volta era il Salone delle Grida di Piazza Affari. «Anche per questo siamo fiduciosi di raggiungere i target fissati per il 2006 e 2007. Parmalat è una sorta di cantiere aperto - ha proseguito Bondi - Siamo un po’in ritardo rispetto al piano di risanamento iniziale, ma questo perché l’amministrazione straordinaria ha assorbito molte energie».
Lo stesso Bondi non ha voluto sciogliere i dubbi sulla sua permanenza al timone del gruppo: «Il 5 novembre la mia missione di amministratore straordinario sarà terminata. Per quanto riguarda il mio futuro vedremo....». Per il 7 novembre, intanto, è stata fissata la prima assemblea della nuova Parmalat. Sarà l’assemblea a votare il consiglio di amministrazione e a quest’ultimo toccherà assegnare gli incarichi di vertice.
A favore di una permanenza dell’attuale vertice si è espresso il ministro dell’interno Claudio Scajola, che in mattinata, insieme allo stesso Bondi, ha assistito in Borsa ai primi scambi: «Parmalat avrebbe bisogno di un periodo di accompagnamento e quindi è necessario un proseguimento dell'impegno del dottor Bondi».
Qualche chiarimento sul futuro del gruppo si potrà avere entro la prossima settimana. Da ieri scattano i cinque giorni lavorativi entro cui i soci con più del 2% del capitale dovranno comunicare alla Consob la propria partecipazione in Parmalat. Tra mercoledì e giovedì dovrebbe chiarirsi la mappa degli azionisti di rilievo, visto che gli elenchi circolati sino ad ora sono parziali e relativi ai soli voti scrutinati nelle procedure di concordato (circa il 40% del totale).
Per quanto riguarda le ipotesi circolate fino ad ora, che parlano dell’interessamento di almeno tre grandi gruppi del settore (Granarolo, Lactalis e, forse, Nestlé) da rilevare le parole di Corrado Passera, amministratore di Banca Intesa, che di Granarolo è advisor. A chi gli chiedeva della integrazione fra l' azienda di Collecchio e la stessa Granarolo a risposto che «per Parmalat è un'occasione, se ci saranno le condizioni, per creare un'operatore di dimensioni europee».

Quanto alla permanenza di Intesa nel capitale di Parmalat, ha aggiunto Passera, «è tutta da vedere».

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