di Michele Caracciolo di Brienza
Ginevra - In tenuta sportiva, grande disponibilità, Dona Bertarelli, sorella di Ernesto (vincitore dell’America’s Cup 2003 e 2007 con il team Alinghi), ci racconta la sua passione per la vela e la nascita del team del «Ladycat», il suo catamarano fucsia.
Ci aiuti a sfatare il mito del marinaio d’acqua dolce.
«Sul lago c’è un know-how molto importante di navigatori. Abbiamo sempre più skipper stranieri che si allenano qui perché le condizioni di vento sono molto più complesse. Ci sono più di cento venti sul lago Lemano e il tempo può cambiare in un attimo. Dopo un po’ uno impara. Sugli altri laghi, come il Garda, le situazioni possono essere estreme o c’è poco vento ed è difficilissimo manovrare. A volte abbiamo delle condizioni strane: un vento con una direzione in alto alla vela e un vento diverso in basso. A volte in un attimo arriviamo a 22 nodi».
Perché il modello D35?
«Questi catamarani sono mezzi molto veloci anche con poco vento. L’evoluzione del catamarano Décision 35 è frutto del lavoro del cantiere Décision. Si è passati dai 40 piedi che si usavano prima sul lago e dai 35 piedi monotipo per fare una barca meno cara, per permettere a più equipaggi di gareggiare qui. È una barca molto leggera e abbiamo delle vele enormi. È fatta per un lago con condizioni di vento normalmente debole, con poca onda. Non possiamo comunque superare i 25 nodi, non è progettata per condizioni estreme».
Le sensazioni a bordo?
«Innanzitutto c’è una squadra e a me piace gestirla con tutta la complessità che c’è nel mettere insieme personalità diverse. L’equipaggio viene da esperienze diverse. Abbiamo delle ragazze che si sono formate sul mare, in solitario, altre in match race, e ancora atleti olimpici. In più il catamarano è una barca velocissima che dà un’adrenalina pazzesca. A me piacciono le emozioni forti. Dunque c’è un giusto mix delle mie passioni. È vero che quando sono su Ladycat ho una profonda sensazione di libertà, taglio completamente con la vita normale, lascio alle spalle le preoccupazioni di tutti i giorni e svuoto la mente, ma allo stesso tempo c’è una grande concentrazione e una squadra con legami forti. Mi piace ritrovare l’aspetto umano e far andare questo catamarano fucsia».
Che cosa le ha trasmesso suo padre?
«Papà era molto semplice. Per lui tutto passava dal lavoro. Si impegnava a fondo in quel che cominciava a fare. Quando qualcuno fa qualcosa deve farla bene e arrivare fino alla fine. Da lui ho imparato a non fare mai le cose con leggerezza. Io e mio fratello vogliamo trasmettere questo ai nostri bambini: se scegli di fare qualcosa la devi fare bene. Devi rispettare la gente e il modo migliore è fare il tuo lavoro al meglio».
Competizione tra fratelli?
«Non è competizione. In realtà facciamo tutti gli allenamenti insieme e quando uno riesce a fare qualcosa l’altro è contento. Ma non c’è rivalità. È più una simbiosi e ci sosteniamo a vicenda».
La vela sta ormai diventando una piattaforma d’immagine straordinaria come la Formula 1. Perché un’azienda dovrebbe comunicare attraverso questo sport?
«Perché la vela trasmette gli stessi valori: perseveranza, disciplina, lavoro di squadra. L’atleta dev’essere serio e in ottime condizioni fisiche. È una bella scuola di vita. Inoltre è un mondo di appassionati. Nella vela c’è un grande senso di squadra e penso che per un’azienda valga la stessa cosa.
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