Cultura e Spettacoli

Borges, uno zoo da sogno (e da incubo)

Nel «Libro degli esseri immaginari» le creazioni del mito e della letteratura

Quella «certa enciclopedia cinese» di cui scrive Borges, offrendo fra l’altro a Michel Foucault lo spunto per l’«inchiesta archeologica» sul sapere Le parole e le cose, catalogava gli animali in base a strampalate categorie. Una di queste è: «inclusi nella presente classificazione». Un’altra è: «et caetera». Ora, sommando gli animali del gruppo «inclusi» a quelli del gruppo «et caetera», vale a dire ciò che sta dentro l’enciclopedia a ciò che sta fuori, a rigor di logica si saranno di fatto elencati tutti gli animali possibili. Quindi, che senso hanno altre categorie come «che da lontano sembrano mosche», o «appartenenti all’Imperatore», o «che si agitano follemente»? Nessun senso logico, è ovvio. Però esistono proprio (e soltanto) in quanto scritte sulla carta. Pur non essendo «cose», sono «parole». E tanto basta, sia all’enciclopedista cinese, sia a Borges, sia a Foucault per continuare il gioco del sapere. Del resto, se possiamo dire e scrivere «fuoco freddo» e «morte viva» possiamo anche dire e scrivere «formicaleone» o «ittiocentauro».
È molto più facile modificare geneticamente le «parole» che le «cose». Lo dimostra chiaramente Il libro degli esseri immaginari (Adelphi, pagg. 261, euro 18,50, a cura di Tommaso Scarano, traduzione di Ilide Carmignani), che include, oltre al «vecchio» Manuale di zoologia fantastica scritto da Jorge Luis Borges in collaborazione con Margarita Guerrero, trentaquattro brani aggiunti dallo scrittore argentino nel ’67, e poi il «Prologo» al Manuale e quattro brani scritti per l’edizione inglese. È uno zoo popolato di mostri mitologici a tutti piuttosto familiari (la Sfinge, il Minotauro...), di animali ipotetici (di Swedenborg, Lotze, C.S. Lewis, Poe, Wells, Steiner, Kafka...), di pure e semplici idee scolpite nella materia (la statua sensibile di Condillac, i kami che generano terremoti...) e di presenze vagamente umane (i Lamed Wufnik degli ebrei, cioè quei «trentasei giusti la cui missione è legittimare il mondo davanti a Dio»; i brownies, cioè «ometti servizievoli di colore marroncino» che avrebbero tra l’altro ispirato a Stevenson «la strana trasformazione del Dottor Jekyll nel diabolico Mister Hyde»...).
Non di rado il compilatore si diverte nel cogliere fior da fiore. Per esempio: «Lo hidebehind sta sempre dietro qualcosa. Per quanto uno si giri, se lo ritrova immancabilmente alle spalle; per questo nessuno l’ha visto, anche se ha ucciso e divorato molti taglialegna». Oppure commenta e chiosa mettendosi dalla parte del lettore che non vuol passare per credulone: «Un grande poeta, per illustrare i rischi dell’eminenza, poté scrivere: “L’unicorno finisce negli insaccati, il drago nel pasticcio di carne”». «Sirena: ipotetico animale marino, leggiamo in un dizionario brutalmente franco». «I libri canonici dei cinesi di solito deludono, perché privi di quel patetico a cui ci ha abituato la Bibbia. Ma all’improvviso, nel loro ragionevole decorso, ci commuove un tocco intimo».
Borges e Guerrero sanno bene che la loro bizzarra galleria di «mostri», per quanto affollata, non può gareggiare in varietà con ciò che è reale: «Chi scorrerà il nostro manuale, vedrà che la zoologia dei sogni è più povera della zoologia di Dio». Ma sanno anche che la realtà non concede vie di fuga definitive.

I sogni (e gli incubi), invece, sì.

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