La Borsa balza del 20% nell’anno della crisi

Il 2009 verrà ricordato non tanto per la positiva performance del mercato borsistico italiano, vicina a 20 punti percentuali, quanto per l’altalena di «emozioni» che hanno caratterizzato i primi 5 mesi dell’anno. Le paure create dalla crisi finanziaria e il forte ribasso delle Borse internazionali nel 2008 hanno causato l’esplosione della volatilità che si è trascinata anche per i primi tre mesi del 2009. Il panico ha preso il sopravvento sia a livello di investitori privati che a livello di istituzioni finanziarie.
L’indice delle principali aziende italiane, dopo aver perso circa il 50% nel corso del 2008, segnava un minimo assoluto a metà marzo con un ulteriore ribasso di circa il 35 per cento. I mercati finanziari sono stati ad un passo dal collasso e la fiducia dei risparmiatori nei confronti delle istituzioni finanziarie era prossima allo zero. In questo contesto, il sistema bancario italiano si è dimostrato tra i più solidi a livello globale. Il basso utilizzo della leva finanziaria, insieme alle capacità di auto-finanziamento (anche grazie all’elevato livello dei depositi), hanno ridotto il rischio di insolvenza e limitato al minimo l’intervento statale.
Il sistema finanziario mondiale ha trovato un suo punto di equilibrio solo dopo i ripetuti ed importanti interventi governativi (politiche monetari e fiscali espansive). Il prezzo da pagare è stato il forte incremento del debito pubblico dei Paesi più colpiti dalla crisi (come Usa e Regno Unito). Il rimbalzo dei mercati è stato violentissimo. In soli due mesi, con un rialzo di oltre il 60% dal livello minimo toccato il 9 marzo, l’indice Ftse Mib, ha completamente azzerato le perdite.
Un movimento di mercato così violento non era facilmente ipotizzabile. Erano infatti in molti a credere che si trattasse di una parentesi positiva all’interno di un contesto ancora fortemente negativo. I fatti, come spesso accade, hanno smentito le previsioni.
Le violente oscillazioni delle Borse non hanno consentito ai risparmiatori, ancora spaventati da quanto accaduto nei mesi precedenti (dal fallimento di Lehman in poi), di rientrare in tempo sui mercati azionari. Le decisioni prese nei momenti di panico si sono dimostrate, ancora una volta, dannose ai fini della performance di medio periodo.
Gli ultimi sei mesi dell’anno sono stati caratterizzati da una costante riduzione della volatilità dei principali indici borsistici. In questo contesto, abbiamo assistito al recupero di alcuni settori che erano stati fortemente penalizzati nel primo semestre dell’anno, primo fra tutti quello finanziario.
Il periodo che stiamo attraversando è assolutamente singolare. Questo vale sia a livello macroeconomico che a livello di singole valutazioni dei titoli. Basti pensare che, all’interno del principale indice italiano (Ftse Mib), sei tra i migliori dieci titoli per performance del 2009 sono stati tra i peggiori dieci del 2008.
Analizzare ciò che è accaduto in Borsa negli ultimi 18 mesi, pensare a quanto è stato detto e scritto sulla crisi finanziaria e sulla solidità delle aziende, ricordarsi delle paure e delle sensazioni negative per poi scoprire che circa il 95% delle società quotate a maggior capitalizzazione in Europa hanno chiuso il 2009 con il conto economico in utile, evidenzia come questo periodo sia unico e pieno di contraddizioni.
Il mercato azionario italiano, pur avendo realizzato una performance positiva nel corso del 2009 di circa il 19%, ha ulteriormente ampliato la sottoperformance rispetto agli altri mercati europei che dura ormai da fine 2006. Non è facilmente spiegabile il motivo per il quale l’indice italiano (Ftse Mib) negli ultimi tre anni, abbia perso il 47% rispetto ad un meno 32% dell’indice europeo. Infatti l’Italia non ha avuto nel corso degli ultimi anni problemi maggiori rispetto ad altri Paesi dell’area euro, come ad esempio, Grecia e Spagna.
Oggi le maggiori imprese italiane quotate sono molto più efficienti rispetto a 3 anni fa, il sistema bancario è più solido e meno vulnerabile, i dati macroeconomici del Paese sono in netto miglioramento ed è quindi ipotizzabile che il mercato azionario italiano possa avere un rendimento prospettico interessante.
Una delle cause che possano giustificare la sottoperformance del mercato italiano rispetto ai principali mercati europei, può essere la disaffezione del risparmiatore italiano verso strumenti finanziari con componente azionaria. Questo è dovuto principalmente al fatto che il sistema bancario italiano ha spesso preferito collocare prodotti strutturati e obbligazioni di propria emissione capaci di soddisfare esigenze di bilancio.
Infatti, il sistema del risparmio gestito italiano è stato costantemente oggetto di riscatti mentre quello degli altri Paesi europei ha vissuto fasi di forte espansione. È ipotizzabile, come evidenziano gli ultimi dati, che questo trend si stia finalmente invertendo. Il basso rendimento delle obbligazioni, lo scarso successo della vendita di strumenti derivati dopo i crac del 2008 e alcuni eventi straordinari come il rientro dei capitali possono riavvicinare il risparmiatore italiano al mercato borsistico e quindi favorire la ripresa.
Questi anni difficili devono servire per costruire un modello finanziario più forte ed efficiente.

La speranza è che in futuro un’industria più matura e attenta sia lato gestione che lato distribuzione possa favorire lo sviluppo del mercato finanziario italiano trasformandolo da terreno di facili guadagni (e ancor più facili perdite) a punto di incontro reale tra le esigenze dei risparmiatori e quelle delle aziende.
* Amministratore delegato del gruppo Azimut

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