Investimenti stellari

Energia sostenibile, golf, Marrakech. Lo chef Giancarlo Morelli: “Amo negoziare, tornerei al baratto

Lo chef del Pomiroeu racconta a IlGiornale.it il suo rapporto con il denaro. E confessa la sua più grande fortuna: “Sono una persona che ha fatto del suo lavoro la sua più grande passione, perciò sto coi piedi per terra”

Giancarlo Morelli, chef
Giancarlo Morelli, chef

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Energia sostenibile, golf, Perù. Lo chef Giancarlo Morelli: “Tornerei al baratto”

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“Mi tengo informato sui temi finanziari, ma non è una passione che mi tiene sveglio la notte, però sono molto attento a come spendo i miei soldi, almeno credo”. Giancarlo Morelli, chef dello storico ristorante Pomiroeu a Seregno, in Brianza, del Morelli e del Bulk, a Milano e del Phi Pomireau in Costa Smeralda, è esplosivo ed eccentrico, come la sua cucina (e i suoi occhiali, ormai iconici: una lente tonda e una quadrata), ma nella gestione del suo portafoglio si rivela misurato e prudente.

Chef Morelli, che rapporto ha con i soldi?

"Non li butto via, faccio molta attenzione. E, soprattutto, mi piace negoziare, molto e su tutto! Le assicuro che con me diventa divertente comprare qualsiasi cosa."

Come fa uno chef di alta cucina a trattare sulla qualità?

"Si sa che la qualità costa, questo è inevitabile, ma quando, dopo avere trattato per mezzora con il pescatore, riesco a pagare il gambero più caro sul mercato a 1,50 euro in meno al kg, allora sono soddisfatto. È una forma mentis che ho, forse perché ho lavorato per 4 anni a Marrakech e lì la contrattazione era quotidiana per qualsiasi cosa, anche per il taxi."

Ma qualche sfizio senza pensarci troppo se lo toglierà anche lei…

"Non mi faccio mancare nulla, certo, però di quello che penso che sia utile alla mia vita e mi premio molto. Per esempio, io sono un amante del golf e lo so, questo non è proprio uno sport a buon mercato, ma quando compro le attrezzature, vendo quelle vecchie e cerco di abbassare il costo di acquisto della nuova."

È sempre stato così prudente e saggio nella gestione del suo denaro?

"No, ma ho capito sin da giovanissimo che non potevo essere uno spendaccione. Era il 1979 e lavoravo negli negli Stati Uniti. Guadagnavo più di 1 milione di lire. Avevo solo 20 anni e con tutti quei soldi mi piaceva fare un po’ la bella vita, andavo nei ristoranti più in voga, comprai anche una macchina. A un certo punto dovevo rientrare in Italia e non avevo i soldi per comprare il biglietto! Me li mandò mio padre, ma solo perché c’era la leva obbligatoria, altrimenti mi avrebbe lasciato lì dov'ero (ride, ndr). Ecco, questa è stata una bella lezione per me."

Cosa ha comprato con il primo stipendio importante?

"Era il 1986. Portai la busta paga in banca come garanzia per un fido perché volevo prendere in gestione il mio primo ristorante. Il direttore di banca si convinse assolutamente che poteva essere un buon investimento dare soldi a me e così iniziai."

Le piace investire?

"Sì, ma diversifico, cerco sempre di bilanciare: una parte sull’assicurazione, una sull’energia sostenibile, una sull’alta tecnologia… Non sono miliardario, ma quello che ho devo essere certo che sia al sicuro. Io, per esempio, non ho mai giocato al casinò, né a carte, faccio molta fatica all’idea di perdere soldi al gioco."

E delle criptovalute, si fida?

"Una volta mi hanno proposto di investire in bitcoin, ma io sono tradizionale anche nel mio modo di vivere e dunque la cosa non mi convinceva, ma forse all’epoca non avevo nemmeno i soldi che mi avanzano. In generale, comunque, faccio molta fatica a fidarmi di queste forme di investimento. Forse perché non sono preparato abbastanza in materia, bisogna seguire i flussi del denaro, non è che uno si improvvisa."

Dei suoi affari se ne occupa lei direttamente?

"Sì, perché almeno se sbaglio non devo dare colpa a nessuno!"

Ha fatto investimenti in passato che non rifarebbe?

"Di tutto quello che ho fatto nella mia vita, rifarei tutto."

E quello più azzeccato?

"Sicuramente un affare che feci in Perù con altre due socie. Comprammo a Lima una piccola casa anni ’30 che stava cadendo a pezzi, riuscimmo a prenderla veramente a pochissimo. Poi ci abbiamo fatto 4 camere e due caffetterie e poco dopo quella zona è diventata ricercatissima. Insomma, avevamo investito quasi per gioco (giusto perché io ho la passione per le cose vecchie e penso che siano da mantenere e far rivivere) e invece poi ci sono piovuti dal cielo dei soldi completamente inaspettati!"

In termini di ricette, quale è il suo migliore “investimento”?

"È la gente che definisce se un piatto è di successo: se te lo chiede, una, due, tre volte, allora capisci che quello è diventato il signature dish, il tuo piatto iconico. Il mio è un risotto mantecato con ricotta di bufala leggermente affumicata, tartare di gambero rosso di Mazara del Vallo, tartufo nero e colatura di alici."

Secondo lei il denaro è sinonimo di successo?

"No, è un aiuto che serve a vivere meglio, questo sì. E poi, cosa significa esattamente “successo”? Io per esempio, penso di essere lo stesso di sempre: voglio lavorare e creare posti di lavoro, voglio darmi da fare perché penso di avere ancora tanto da dare."

Lei, però, è sicuramente uno chef di successo...

"Non mi considero tale, lo dico senza falsa modestia: non penso di essere un fenomeno, ma una persona che ha fatto del suo lavoro la sua più grande passione, perciò sto coi piedi per terra."

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