Dieci cose che non sai sui Bitcoin: intervista a Ballarani

Un libro che sembra un romanzo spiega come si è evoluto l'"Homo crypto". Il mantra? "Non comprare bitcoin, studia bitcoin"

Dieci cose che non sai sui Bitcoin: intervista a Ballarani

Io di Bitcoin non ci ho mai capito un tubo, ma credo di non essere l’unico. Tuttavia mi è capitato di leggere un libro che mi ha colpito anche per la scrittura, sembra un romanzo (non quegli Harmony travestiti da narrativa sociale travestita da letteratura che finiscono al Premio Strega), si intitola Homo crypto, pubblicato da Sperling & Kupfer. Gianluigi Ballarani è un giovane e brillante imprenditore tech, il Sole 24ore lo ha messo tra le dieci voci più influenti in Italia sulle criptovalute, ha insegnato alla Bocconi, alla Louisiana, a Ca’Foscari, alla Cattolica e al Politecnico di Milano, ma se siete uno dei suoi centosessantamila follower su Instagram saprete quanto sia simpatico e quanto sembri più una pop star, un artista, con il suo stile molto user friendly e suoi capelli rigorosamente viola. Attenzione: non è uno di quegli imbonitori che vuole convincervi a comprare Bitcoin, anzi. Per questo gli ho fatto una videochiamata, io da Roma, lui nella sua splendida casa a Londra, a Trafalgar Square, dove fa tutte le sue criptocose digitali, tutti i suoi bellissimi criptopensieri, e gli ho fatto qualche domanda che sarà utile o criptoutile a tutti.

Gigi, prevedi che con la coppia Trump e Musk le criptovalute prenderanno sempre più piede?

La coppia Trump-Musk è l'incarnazione perfetta della disruption del nostro tempo. Trump ha fatto saltare il banco della politica tradizionale, Musk quello dell'industria. Le crypto sono la naturale evoluzione di questa tendenza: decentralizzare, eliminare gli intermediari, restituire il potere alle persone. Ma attenzione: anche se Musk e il governo Trump possono accelerare l'adozione di massa, la forza del crypto non dipende da figure carismatiche, quanto dalla fiducia collettiva nel sistema decentralizzato. È questa la vera rivoluzione.

In Homo Crypto spieghi al lettore cosa sono le criptovalute, ma non incoraggi a investirci più di quanto uno sia disposto anche a perderci.

Non incoraggio a investirci e non voglio convincere nessuno. Nel crypto si dice: “non comprare bitcoin, studia bitcoin”. Mi stupisce che passiamo la vita a lavorare per uno stipendio, e poi non abbiamo idea di come funzionino i soldi. In Homo Crypto volevo raccontare ciò che vedo di questo mondo. Che tocca e si infiltra in tanti altri mondi. Investire in Bitcoin è come scommettere sul futuro della rete libera. Non è solo finanza, è una dichiarazione di intenti: "Credo in un sistema decentralizzato." Ma questo non significa essere incoscienti. Il principio è semplice: investi solo in ciò che capisci, e solo ciò che puoi permetterti di perdere. Non la vivo come una corsa all'oro, ma come partecipazione a una rivoluzione. Citando il Satoshi Nakamoto del 2009: “Potrebbe avere senso prenderne un po’ nel caso prendesse piede.”

Dici anche che è sempre meglio non vendere. Neppure ora che i bitcoin sono al massimo storico?

Non vendere è una filosofia. È un meme. Sono le mani di diamante, contro le mani di carta. È l'antitesi della speculazione. Anche quando il mercato è in picchiata, non vendo. Non sono di certo un ottimo trader. Ma vado per principi primi. Le monete che usiamo, chiamate FIAT come le auto, hanno una svalutazione continua, sistemica e implacabile. Le hanno disegnate così. La chiamiamo inflazione, ma quando sembra che i beni aumentino di prezzo, sono i soldi a perdere valore. Bitcoin è l’approccio antitetico: scarsità digitale pura e decentralizzata. Non vendere significa credere che il valore futuro sarà esponenzialmente superiore a quello di oggi. I massimi storici di oggi saranno i minimi di domani. Bitcoin non è un numero sullo schermo, è un'idea che cresce. Chi vende al massimo storico sta facendo un ragionamento tattico, non strategico. È come vendere azioni Apple nel 2010 - tecnicamente sensato, strategicamente miope. Ovviamente questi NON sono consigli finanziari. Magari mi sbaglio e va tutto a zero.

Una cosa divertente: la banana di Cattelan è stata pagata sei milioni in bitcoin. Un’opera volatile, che alla fine dimostra che puoi vendere qualsiasi cosa purché riesca a farla diventare famosa, acquistata con una moneta anch’essa volatile. L’opera d’arte in quel caso è diventata la vendita stessa.

La banana di Cattelan è il meta-manifesto perfetto della nostra epoca. Un'opera d'arte effimera acquistata da un crypto-miliardario - c'è qualcosa di poeticamente perfetto in questo. La volatilità dell'opera incontra la ricchezza generata dalla volatilità delle crypto, creando un cortocircuito concettuale che è arte pura. L’attenzione è la nuova moneta. Che prende forma in comunità, miti e simboli. Dici bene. Il vero capolavoro non è la banana, non sono i soldi delle crypto: è la transazione di una banana a 6 milioni. Cattelan ha creato un'opera d'arte concettuale sulla natura del valore nel XXI secolo, probabilmente senza nemmeno volerlo. È la perfetta metafora del nostro tempo: ricchezza virtuale che compra arte effimera, in un loop di significati che si auto-alimenta. Questo è il cuore di tutto: dal Bitcoin alla banana, ciò che conta non è l’oggetto, ma il significato che collettivamente decidiamo di dargli.

Una cosa che mi ha colpito è che sei un lettore onnivoro, e leggi seriamente di tutto. Non è comune nel tuo campo.

Non lo faccio apposta. Sono costretto dalla mia curiosità compulsiva. Così ho scoperto che per capire l’oggi è essenziale sapere di tutto, o meglio esplorare diagonalmente con immersioni verticali. Viviamo in un’epoca in cui tutto è connesso: la filosofia influenza la tecnologia, l'arte plasma l'economia, la sociologia impatta la finanza. Leggere solo di blockchain sarebbe come pretendere di capire il Rinascimento studiando solo la tecnica dell'affresco. Riduttivo, oltre ad essere terribilmente noioso. Il nuovo nasce dalle connessioni inaspettate, dai cortocircuiti tra conoscenze. È nei punti di intersezione che fioriscono idee rivoluzionarie. Ma ripeto, sono solo vittima di me stesso.

Non sapevo che l’inventore del bitcoin fosse ignoto, conosciuto come Satoshi Nakamoto. Come è possibile che nessuno lo sappia?

L'anonimato di Satoshi è il suo più grande colpo di genio. Ha creato qualcosa di rivoluzionario e poi è svanito, come un Banksy della finanza. È anche una necessità, chi aveva provato a fare un bitcoin 10 anni prima, tipo il Bitgold di Szabo, è stato bloccato, smantellato, disperso. Quindi questo mistero non è un bug, è una feature: Bitcoin è nato grazie all’anonimato del suo creatore. Bitcoin non ha un volto, non ha un leader, non ha un punto debole. È pura idea, puro protocollo. L'anonimato di Satoshi è la dimostrazione vivente che le idee sono più potenti delle persone.

Non è che Satoshi Nakamoto sei tu? Sei sposato?

AHAHAHAHAHA. OVVIAMENTE NO! Ma poi se lo fossi, lo direi? Nel mio caso è facile: non avrei neanche lo competenze tecniche. Forse l’ho incontrato e ci ho parlato. Ma poco importa. L’idea di Bitcoin è più grande di chiunque lo abbia creato.

Bitcoin non ha bisogno di eroi, ha bisogno di persone che credano in un futuro diverso. E se c’è un po’ di Satoshi in ognuno di noi, allora sì, forse lo sono. E forse lo sei anche tu. Forse lo siamo tutti. Tranne Craig Wright. Lui sicuro no.

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