
La Bce, il 5 giugno, ha tagliato i tassi d’interesse per la quarta volta nel 2025 e per l’ottava volta dal 2024. Il tasso sui depositi è complessivamente sceso di 200 punti base, dal 4 al 2 per cento. Per i cittadini, effetti evidenti si vedono soprattutto sui mutui: la rata a tasso variabile è scesa notevolmente (si pensi che, rispetto a un anno fa, su un prestito di 100mila euro a 20 anni la rata mensile cala di 113 euro e il costo totale del finanziamento di 27mila euro). Non solo, ma per chi deve fare oggi un mutuo il vantaggio è partire fin da subito con una rata molto più bassa. Al limite anche a tasso fisso, che sul lungo periodo evita sorprese di ogni tipo.
Le stesse sorprese che vuole evitare anche Christine Lagarde, presidente della Bce con altri due anni di mandato davanti a lei (smentite le voci di dimissioni). Di quali sorprese si parla? Del fatto che Lagarde, dopo l’annuncio del taglio dei tassi, non ha voluto tracciare la linea delle prossime mosse della Bce. E non è un fatto scontato: far conoscere al mercato le intenzioni di politica monetaria è ormai comunemente considerata una pratica trasparente ed efficace, soprattutto in chiave di stabilità. Invece no. La Bce, dopo aver rispettato le attese di 4 tagli da 25 punti entro giugno, non ha né confermato di voler andare avanti (le nuove stime sono di uno o forse anche due tagli entro fine anno), né di volersi fermare qui. E il perché è presto detto: dipenderà dalle mosse di Donald Trump.
Infatti, dalle decisioni sui dazi – che restano al momento in sospeso - dipenderanno le prossime stime sull’economia. Di fronte alle quali i cosiddetti “falchi” della Bce sono pronti a fare muro: solo il rischio di una nuova e pesante recessione potrà smuovere i Paesi del nord Europa dalla loro tendenza a tenere il costo del denaro almeno al 2%. Perché, come noto, hanno paura del ritorno dell’inflazione.
Sui mercati tutto ciò ha già avuto il suo riflesso immediato. I rendimenti (dei Btp come degli altri titoli di Stato) sono saliti, deprimendo le quotazioni. Il risultato è riportare incertezza sugli andamenti delle Borse nei prossimi mesi.
E rendere molto difficili le previsioni: meglio puntare ancora sui mercati azionari europei? O vale la pena di ridurre il rischio, assumendosi però quello di un aumento dei rendimenti a breve termine? Più facile, invece, la decisione sul fronte opposto, e cioè quello dei debiti: chi ha rinviato un acquisto per indebitarsi a costi inferiori, oggi può agire con maggiore sicurezza. In generale sarebbe stato meglio avere, da parte della Bce, una bussola con la quale orientarsi. Ma da quando a Francoforte c’è la signora Lagarde bisogna navigare a vista.