Borse, gli esperti credono nel rally di fine anno

Giuliani (Azimut): "Possibile un rimbalzo del 5-10% grazie agli investitori istituzionali". Greco (Jp Morgan): "La Bce taglierà i tassi". Dopo la crisi dei mutui subprime Usa e l’intervento delle banche centrali, le Piazze internazionali tornano sui livelli fatti segnare tra dicembre e gennaio

Borse, gli esperti credono nel rally di fine anno
Milano - Il sovrapporsi della crisi dei mutui subprime e della cura impartita la scorsa estate dalle banche centrali per arginarla ha rischiato di ledere gli equilibri del sistema finanziario, ma le Borse internazionali dovrebbero riprendere la rincorsa da qui a fine anno. «Non mi stupirei se entro dicembre assistessimo a un rally compreso tra il 5 e il 10%», sintetizza l’amministratore delegato di Azimut, Pietro Giuliani.

Se questo scenario si verificasse i mercati metterebbero a segno l’ennesimo anno consecutivo di crescita, con l’effetto di aprire nuove incognite sulla futura tenuta delle quotazioni. Sbarrata la via dell’investimento immobiliare e vista l’incertezza che contraddistingue la politica monetaria della Bce, ad avere bisogno di un rimbalzo appaiono tuttavia gli stessi investitori istituzionali. Fondi di investimento, fondi pensione, assicurazioni e banche attualmente alle prese con mercati che, in un’altalena di euforia e ritirate improvvise, sono tornati ai livelli segnati tra dicembre 2006 e lo scorso gennaio.

Con il risultato di «schiacciare» le prospettive di rendimento per il popolo dei sottoscrittori. Più cauto, tuttavia, l’analisi del numero uno italiano di Jp Morgan Asset Management, Massimo Greco, che ricorda la difficoltà di calcolare con esattezza «le ricadute della crisi dei subprime sull’economia reale, anche se la mossa della Fed dovrebbe aver evitato il rischio di un rallentamento congiunturale».

Molto dipenderà ora dalle scelte della Bce, che però difficilmente potrà evitare una sforbiciata al costo del denaro soprattutto se l’euro continuerà ad apprezzarsi rispetto al dollaro fino a raggiungere quota 1,45.

Una soglia che avrebbe come conseguenza «forti impatti restrittivi sull’economia» del Vecchio Continente, avverte Greco che guarda invece con meno apprensione alla pur inarrestabile fiammata del petrolio oltre gli 80 dollari al barile: in tale prezzo «è già conteggiato buona parte del rischio geopolitico legato all’Iran».

Le alternative all’azionario del resto non sono molte: «Siamo davanti a una bolla immobiliare, al posto di farla scoppiare il sistema ha deciso di scaricarla sulla finanza per diluirne l’impatto», sintetizza Giuliani. In ogni caso, «non sono ravvisabili grandi problemi macro-economici»; ecco perché, una volta analizzati anche i fondamentali, «non è da considerare drogata un’eventuale rincorsa delle quotazioni». Incerto, invece, affidarsi alle obbligazioni sulle quali pende il rischio di un ritorno dell’inflazione, prosegue Greco che considera l’attuale rimbalzo dei titoli corporate più come un’occasione di alleggerire posizioni esistenti che per investire. Il motore dello sviluppo rimarrà la Cina, da qui l’attenzione di Greco per i Paesi ad alto tasso di crescita mentre in Europa e Stati Uniti appare preferibile limitarsi a prendere posizione sui titoli a maggior capitalizzazione.
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