Milano - In fumo 230 miliardi di euro. È stato un venerdì nero per le Borse europee, a 79 anni dal "giovedì nero" (il 24 ottobre del 1929) crollo della Borsa di New York con cui iniziò la Grande Depressione negli Usa. Gli indici hanno chiuso tutti con cali pesantissimi, anche se lontani dai minimi di seduta, sulla scia dell’andamento in netto ribasso di Wall Street: oggi i futures sui listini americani sono stati anche sospesi perchè hanno toccato i minimi consentiti.
L'Europa in profondo rosso Il Cac40 di Parigi e il Dax di Francoforte, che oggi sono scesi anche sotto il 10%, hanno terminato in ribasso del 3,54% e del 4,96%. Peggio hanno fatto il Ftse100 di Londra (-5%) e l’Ibex35 di Madrid (-5,2%). Indici pesanti anche a Piazza Affari, dove il Mibtel ha perso il 4,96%, tornando ai livelli di marzo 2003, e l’S&P/Mib il 5,61%. Tra i settori, tutti in deciso calo, i ribassi peggiori hanno interessato le banche (Eurostoxx -7,54%), le più colpite dalla crisi finanziaria in atto, e le auto (-8,07%) dopo gli allarmi lanciati negli ultimi due giorni da gruppi come Daimler, Renault e Peugeot. A pesare sulle Borse mondiali sono i timori di recessione economica, che si stanno concretizzando: segnali arrivano dagli allarmi lanciati da società come Sony, che ha rivisto al ribasso i suoi obiettivi per l’anno in corso, e da dati macro come l’indice Pmi sui responsabili degli acquisti in Europa, che a ottobre è diminuito più del previsto, dimostrando che l’attività delle imprese continua a indebolirsi. L’economia della Gran Bretagna è piombata in recessione tecnica per la prima volta dal 1992: il Pil del terzo trimestre è diminuito ancora dello 0,5%. Pesano anche il continuo calo del prezzo del petrolio, nonostante l’Opec abbia deciso un taglio dell’offerta, e il fatto che l’euro viaggi sui minimi da due anni nei confronti del dollaro e ha toccato il minimo da sei anni verso lo yen.
Pericolose coincidenze La coincidenza delle date (il famoso crack di Wall street nel 1929 ebbe il suo culmine proprio il 24 ottobre) ha alimentato i superstiziosi commenti degli addetti ai lavori, che però rilevano come non si possa più parlare di vendite da panico: i piccoli risparmiatori, spiegano, non sono quelli che determinano l’andamento del mercato. A smobilizzare i patrimoni azionari sono invece gli investitori istituzionali, che devono racimolare liquidità per far fronte ai riscatti di chi rivuole indietro i suoi investimenti. Fra questi, i più attivi nelle vendite di questi giorni sono gli hedge fund, mentre il divieto di vendere allo scoperto allontana la speculazione dal mercato. Questo spiega i bassi volumi dell’attività (2,7 miliardi di controvalore). Nonostante le sospensioni per eccesso di ribasso, anche oggi il titolo più scambiato è Eni, che ha chiuso in calo del 5,76%: come gli altri petroliferi (Saipem -3,69%, Tenaris -9,86%), soffre del ribasso del prezzo del greggio che è proseguito anche dopo la decisione dell’Opec di tagliare la produzione. In calo anche Enel (-4,02%). Tracollo dei bancari, soprattutto Intesa Sanpaolo, sospesa per gran parte della seduta, che ha chiuso a -12,55% dopo che il presidente Salza ha ipotizzato una riduzione del dividendo; ma anche Unicredit ha perso anche oggi l’8,19% mentre dopo una giornata difficile ha chiuso addirittura in recupero la Bpm (+0,89%). Debacle anche per Fiat che perde l’8,71% il giorno dopo i dati trimestrali mentre Telecom ha "contenuto le perdite" chiudendo a -4,16%). Fra i pochi titoli che hanno chiuso in controtendenza, si segnalano Finmeccanica fra gli industriali (+1,04%), A2a fra gli energetici (+0,64%), Italcementi (+0,44%) e Atlantia (+0,38%). Ancora più brillanti le performance di Unipol (+3,53%) e FonSai (+3,02%) in un comparto assicurativo che ha visto scendere la quotazione delle Generali del 5,89%. Male anche gli editoriali (Espresso - 8,23%).
Wall Street sott'acqua Profondo rosso per tutti e 30 i titoli del Dow Jones Industrial Average e per quasi tutti i titoli dello S&P 500, a un’ora circa dall’inizio delle contrattazioni. Gli indici, che erano partiti in netto ribasso, riescono a limare leggermente le perdite ma non si affrancano dall’ondata di vendite che ha colpito le borse di tutto il mondo, per i timori di una recessione lunga e profonda che ora pare poter affossare anche molti Paesi emergenti. Presi di mira, insieme ai bancari, anche gli energetici, complice la discesa del petrolio, e le big tecnologiche come Ibm e Microsoft. Le perdite sono esacerbate dalle vendite di fondi comuni e hedge fund "forzati a cedere titoli sul mercato per far fronte ai massicci riscatti chiesti dai clienti", nota un trader. Alle 16,40 il Dow Jones cede il 4,6%, il Nasdaq il 4,3% e lo S&P il 4,7%.
Berlusconi: "E' colpa della speculazione" "Lo chiamerei ritorno di speculazione al ribasso, non ritorno di paura", ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, facendo sapere che"l’Italia, al vertice del G20 di Washington, proporrà una serie di misure per regolare i mercati azionari". "Ho avuto modo di presentare alcune proposte concrete - ha detto Berlusconi dopo aver partecipato alla prima giornata del vertice Asem - che dovranno essere esaminate dal ministro dell’Economia per il vertice di Washington del 15 novembre e ho invitato tutti a far lavorare i loro ministri dell’Economia e delle Finanze". Berlusconi, alle domande dei giornalisti che chiedevano dettagli sulla proposta ha risposto che "è meglio mantenere il riserbo su queste misure che se anticipate potrebbero essere mal interpretate. Si tratta comunque - ha spiegato - di misure e di regole per il mercato azionario, per le borse".
Le misure di via XX Settembre Stop alla rottamazione. Il premier Silvio Berlusconi oggi ha detto che "non è mai stata prevista". Il governo sta studiando "misure di sostegno all’economia reale", ha assicurato il presidente del Consiglio parlando a Pechino, ma non saranno incentivi intesi in senso tradizionale, come per esempio la rottamazione. Ipotesi che comunque era stata ventilata nei giorni scorsi da esponenti dello stesso governo, dal ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola a quello per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Aiuti sì ma di tipo diverso dunque sarebbero quelli sui quali stanno lavorando i ministri Scajola e dell’Economia Giulio Tremonti. Il governo opterebbe innanzitutto per misure che favoriscono l’innovazione tecnologica e la tutela dell’ambiente. Da una parte ricerca e alta tecnologia e dall’altra un sostegno per aiutare l’accesso al credito delle piccole e medie aziende, le più esposte alla turbolenza finanziaria di queste settimane. Resterebbe dunque come ipotesi al vaglio dei tecnici del governo la costituzione di un fondo pubblico di garanzia sui prestiti chiesti dalle aziende in difficoltà. Ci sono imprese, infatti, che pur non essendo particolarmente indebitate non riescono ad ottenere i finanziamenti da parte delle banche a causa dell’inasprimento delle condizioni dell’offerta di credito. Una garanzia da parte dello Stato potrebbe aiutare queste imprese a non uscire dal mercato. Il ventaglio allo studio dei dicasteri dello Sviluppo e dell’Economia sarebbe al momento ancora ampio e non del tutto definito, anche perchè comunque si dovrà fare i conti con le risorse disponibili. "Sono misure che enunceremo anche tenendo conto dei suggerimenti - ha sottolineato Berlusconi - e delle richieste che ci sono venuti dalle imprese". E in effetti in più occasioni, il numero uno degli industriali Emma Marcegaglia aveva ribadito (lo ha ripetuto stamani in un’intervista a Repubblica) come la questione degli aiuti all’industria non possa essere risolta nella rottamazione di automobili ed elettrodomestici. Marcegaglia aveva avanzato dunque alcune richieste provenienti dal mondo delle imprese, dalle agevolazioni fiscali per i soggetti in grado di mettere in campo piani di risparmio energetico alla garanzia dell’acceso al credito, fino a sconti sulle tasse per le aziende che rafforzano la capitalizzazione e soprattutto reinvestono gli utili.
L'allarme dell'Ocse Ci vorrà più tempo perché la crisi finanziaria e del credito rientri, e per l’economia reale questo si ripercuoterà con "una recessione più ampia a prolungata". A lanciare l’allarme è il capo economista dell’Ocse, Klaus Schmidt-Hebbel, con un’intervista all’Observer, anticipata oggi con un comunicato dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Altre incognite riguardano i costi dei piani di salvataggi pubblici delle banche approntate dai governi, che restano da determinare e potrebbero comportare altri peggioramenti della fiducia di famiglie e imprese, già gravemente provata da messi di crisi. Adeguate contromisure dal fronte della politica economica possono però giocare un ruolo importate per tamponare l’impatto della crisi finanziaria, dice Schmidt-Hebbel. E mentre l’inflazione si attenua, per diverse banche centrali si creano margini di manovra per fornire assistenza alla crescita tramite la politica monetaria, con tagli dei tassi di interesse. Il quadro di base è comunque allarmante. "L’attuale gelata dei mercati finanziari e del credito potrebbe richiedere più tempo per rientrare - ha affermato il capo economista dell’Ocse - con ricadute più gravi su spese per consumi, produzione delle imprese e occupazione. Questo porterebbe a una recessione più ampia e prolungata".
Emirati pronti a rispettare il tetto ai fondi "Se dovessero essere introdotti dei tetti all’ingresso dei fondi sovrani nelle imprese italiane lo rispetteremo", ha affermato il presidente del Parlamento degli Emirati Arabi Uniti e amministratore delegato di una delle più attive banche del paese, Abdul Aziz Al Ghurair. "Se l’Italia vuole mettere il 5% siamo disposti ad accettare come pure il 2%, accetteremo le regole", ha sostenuto Al Ghurair ricordando che gli Emirati Arabi Uniti hanno "uno dei fondi sovrani più antichi ed un passato di grande successo. Non abbiamo mai violato alcuna politica delle nazioni ha aggiunto". Al Ghurair ha ricordato di aver preso parte alla dichiarazione di Santiago che ha introdotto dei principi di trasparenza nell’ambito delle Opa da parte dei fondi sovrani che ha sostenuto Al Ghurair "prevede una trasparenza completa". "Gli Emirati Arabi Uniti - ha sottolineato Al Ghurair - hanno più di 100 miliardi di dollari in fondi sovrani e quindi, speriamo di investire sempre di più nel vostro paese".
Euro precipita Euro in picchiata. La moneta unica è scesa sotto quota 1,25 dollari, raggiungendo un nuovo minimo da due anni a quota 1,2498 sulle aspettative di un taglio dei tassi d'interesse da parte della Bce. La sterlina scende invece a 1,55 dollari, il minimo di 5 anni sul biglietto verde, a causa dei dati sul pil britannico, che ha registrato una contrazione dello 0,5% nel terzo trimestre.
Petrolio ai minimi Nulla da fare per il cartello dei produttori di petrolio per arrestare il crollo dei prezzi: il barile accelera la caduta e piomba giù sotto 63 dollari al barile, nonostante i tagli all'offerta annunciati dall'Opec: la produzione giornaliera di greggio diminuirà di 1,5 milioni di barili al giorno dal 1 novembre. Un barile di petrolio wti con consegna a dicembre tratta ora a 62,85 dollari mentre il brent scende a 61 dollari. I mercati dubitano che i membri del cartello applichino in concreto e appieno i tagli decisi onde evitare di perdere quote di mercato.
Asia male I mercati orientali hanno scontato l'ulteriore rafforzamento dello yen sul dollaro, che penalizza i grandi esportatori di auto ed elettronica, accusando anche i segnali di recessione provenienti dalla Corea, mentre i rendimenti dei titoli di stato sono ormai sui massimi. Segno evidente che la crisi finanziaria degli Usa si sta trasferendo velocemente a est, trasformandosi nell'area in crisi economica totale.
Questi gli indici dei titoli guida delle principali piazze finanziarie di Asia e Pacifico: Tokyo -9,60%, Hong Kong -4,66%, Shanghai -2,46%, Taiwan -3,19%, Seul -10,57%, Sidney -2,64%, Bombay -7,14%, Singapore -7,55%, Kuala Lumpur -3,38%, Bangkok -5,43%, Giakarta -6,59%.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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