Borzani? Bravo a sembrare liberale

(...) le osservazioni di Simonetti mi convincono ben di più di quelle di quell'anziano marpione e galantuomo al tempo stesso che è Gianni Granzotto, devo dire che non sono stupito della condotta di Enrico (Chicco) Mentana. Credo che le ripetute burle (a suo tempo) nei confronti di Enrico (Chicco) Mentana da parte del duo comico di Striscia la notizia (Enzo Iacchetti, a sinistra e Ezio Greggio, a destra) nei confronti del direttore del Telegionale di Canale 5, ritrovassero consistenza proprio nell'incertezza caratteriale dell'attuale Direttore della 7 che manifesta, suo malgrado, una debolezza che lo affligge. Non nego che in questi casi, tanto su Canale 5 come sulla 7 abbia un peso l'orientamento del Comitato di redazione ma tant'è il carattere del direttore, nelle sue umane defaillances, si evidenzia comunque.
Questa lunga ma non impropria introduzione, si riallaccia alla questione di Palazzo Ducale dove è sempre in questione il Presidente Luca Borzani. Quest'ultimo è politicamente intelligente e non vuole essere costretto a lavorare più del dovuto. Il suo compito politico è quello di aiutare il «regime genovese» in crisi, grazie ad una politica che ora si fa più lungimirante (e quindi sembra essere liberale), poi, passata la festa (cioè le elezioni), naturalmente gabbato è lo santo. E' con questo intelligente (e antico) trend che si va avanti ormai da tempo. Tutti (da Luca Borzani ai rappresentanti del centrodestra, M. Lussana, M. Gregorini e M. Bozzi Sentieri) sono consci delle reciproche debolezze, le proprie e le altrui. Borzani, detentore del potere culturale collegato al Palazzo Ducale, è più flessibile (comparando quello che fa) rispetto alla stolida condotta altrui nell'ambito della cultura del centrosinistra; tuttavia concorre a configurare un'illusione che dà sollievo contemporaneamente alle speranze di alcuni esponenti del centrodestra, come a settori interni allo stesso centrosinistra. È un bel modo di fare politica. Questo appare innegabile. Ciò non toglie che sia meglio perseguire inflessibilmente un'azione politica per porre fine al «regime genovese», quali che siano le sue sfumature che accortamente è capace di offrire. Credo che Borzani non possa smarcarsi da Tursi. Da lì in fondo deriva la sua Presidenza, né che possa essere in grado di intraprendere oggettivamente una terza via. Troppo il regime di centrosinistra ha infierito a Genova, ben oltre ogni possibile aspettativa. Non desidero dare tutte le colpe alla sinistracentro. Credo infatti che Genova abbia subito una situazione non diversa da quella che intelligentemente Leonardo Sciascia ebbe a descrivere autobiograficamente e ironicamente in Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia (1990). L'egemonia gramsciana (con pregi e limiti suoi propri) era già sconfitta dalla storia ancor prima di riuscire ad insediarsi nel capoluogo ligure. Era un ripiego passatista nei confronti di un capitalismo (privato e pubblico) in crisi ma che nel suo nucleo scientifico-tecnologico aveva già superato quella crisi che in settori marginali, come la periferia ligure, sopportava e si attardava. A Genova abbiamo avuto il passato «ideologico» e di governo quando non ne avevamo più bisogno, sul fondamento di giochetti politici di retroguardia all'interno dell'antico P.S.I. (cui s'è aggiunto il sempre emarginato P.C.I.).

Ma perché diavolo la Liguria ha dovuto subire (e le subisce ancora) situazioni di retroguardia che ci sono ormai del tutto estranee? Che cosa c'è nel «deposito culturale» genovese che le ha avvalorate? Che cosa ha portato una sorta di capitalismo locale dalla rendita facile - un feudalcapitalismo? - a ricercarle? Si tratta di una questione culturale da affrontare. È utile che la affronti anche Luca Borzani.

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