Borzani e la cultura con tutti i colori dell’arcobaleno

(...) fermenti, tutte le sfumature di tutti i colori, non solo del rosso. Come avveniva fino a ieri. E, ovviamente, non mi riferisco solo al coinvolgimento in alcune iniziative di Sergio Maifredi, uno dei nostri collaboratori di cui vado più orgoglioso. Sia perchè scrive divinamente, sia perchè è un intellettuale non allineato. O, più semplicemente, un intellettuale senza aggettivi. Organico, sì. Ma solo alla sua testa.
Insomma, persino al netto di Maifredi, l’inizio di Luca Borzani è stato ottimo e abbondante. Come del resto, facevano sospettare alcuni particolari: è uno dei pochi che si occupa di cultura ed ha letto più libri di quanti ne abbia scritti, categoria questa sublimata con ogni probabilità da Antonio Cassano; è di sinistra, da sempre, ma non esita a criticare anche pubblicamente la sinistra e le sue arretratezze; ha una visione un po’ idilliaca del dialogo interreligioso ed interetnico, ma non eccede in retorica sdolcinata: i suoi progetti sul recupero delle bande sudamericane e sulle classi-ponte, con cui - in qualche modo - ha anticipato la mozione discussa in Parlamento nelle scorse settimane, senza inutili ideologismi o posizioni radical-chic, fanno onore alla sua onestà intellettuale.
Poi, certo, Borzani ha una formazione che non è la mia. Ha una storia che non è la mia. Ha posizioni che non sono le mie. Ha posizioni sulla storia che non sono le mie. Ma meno male. Meno male che non vince sempre il pensiero unico. L’importante è dar voce anche agli altri pensieri. E Luca, in questo periodo, lo sta facendo.
Penso, ad esempio, alle prime mostre ospitate nel nuovo corso di Palazzo Ducale, da quella su Lucio Fontana (corredata di incontri che stanno avendo un grandissimo successo, primo della serie quello con Philippe Daverio) a quella in arrivo su Fabrizio De Andrè. Scontata e un po’ ovvia, forse, a Genova. Ma imprescindibile. Oppure, a tanti incontri di vari cicli che stanno facendo registrare affluenze medie di cinquecento persone. Magari anche perchè sono gratuiti. Però, bello.
A Borzani spesso abbiamo rimproverato un eccesso di intellettualismo, lui che è quasi una definizione vivente dell’intellettuale di sinistra, fin dalla fisiognomica - alto e magrissimo, volto pensoso e un po’ scavato, come in un quadro di Egon Schiele (lo posso citare, almeno lui sa chi è, non capita spesso con assessori alla cultura e dintorni), giacche di velluto e pantaloni abbinati su colori autunnali - ha dimostrato anche di saper mettere insieme un programma che alterna alto e basso, cultura pop e cultura hard. Come gli abbiamo suggerito tante volte da queste pagine.


La scommessa, ora, è quella di saper coinvolgere tante voci non allineate, un po’ come è successo quest’estate con Marcello Veneziani, che però ormai gira un po’ dibattiti e convegni con l’effetto panda, «l’intellettuale di destra», con quote riservate, come alle donne nelle elezioni europee.
Se i panda si riprodurranno, avrà vinto.

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