Il boss latitante: «Sono cieco, altro che killer»

nostro inviato a Casal

di Principe (Caserta)

Si fa vivo, dalla latitanza, Giuseppe Setola. L'imprendibile capo dei nuovi Casalesi, mente del commando della strage di Castel Volturno, killer del gruppo Bidognetti, prende carta e penna per dire che lui non è il mostro dipinto dai giornali o dall'autore di Gomorra. Per un motivo molto semplice: perché è invalido, praticamente cieco.
Spiega di essere non vedente per davvero, e non per modo di dire come invece lasciano intendere inquirenti e giornalisti. L'incipit della lettera a sua firma, visionata dal Giornale, è chiaro: «In questo periodo sono state scritte tante cose orribili sul mio conto, sono stato accusato di molti delitti, senza mai un accenno alle gravi condizioni di salute in cui purtroppo mi trovo da diversi anni. Allora, pur se con grande dolore, sono costretto a rivelare pubblicamente la grave patologia retinica da cui sono affetto, che negli ultimi anni mi ha portato alla cecità quasi totale. Infatti, dopo il mio arresto nel 2000, ho iniziato a perdere la vista, sia dall'occhio destro che da quello sinistro. E durante il periodo di carcerazione, durato quasi 8 anni, mi sono dovuto sottoporre a moltissimi accertamenti sanitari ed esami specifici presso diverse strutture ospedaliere specializzate nelle patologie oculistiche della retina senza mai ottenere alcun miglioramento e senza alcuna possibilità di recuperare la vista».
Stando così le cose, argomenta sempre la primula camorrista, non posso essere quel che la Dda di Napoli asserisce che io sia: un sicario di professione, uno che non sbaglia un colpo, il più feroce dei Casalesi in circolazione: «Ciò a conferma della grave condizione in cui vivo da anni (come se fosse sempre buio e con la paura costante di non vedere più la faccia di mia figlia) che non mi avrebbe permesso (sfido chiunque non vede come me) di commettere i gravi delitti che mi vengono ogni giorno accusati attraverso la stampa».
Questa la versione di Giuseppe Setola. Diametralmente opposto il pensiero della Dda di Napoli e dei carabinieri che lo ritengono il nuovo reggente del clan più sanguinario del Paese e gli danno la caccia dal 10 aprile allorché l'ergastolano in 41 bis abbandonò gli arresti domiciliari concessi e poi confermati per gravi motivi di salute dalla corte di assise d'appello di Napoli (26 marzo 2007), dalla corte di appello di Napoli (il 6 aprile 2007), dalla corte d'assise di Santa Maria Capua Vetere (18 gennaio 2008), dal gip di Napoli nel 2008 e a seguire dalla procura distrettuale antimafia partenopea. In straordinaria coincidenza con la fuga di Setola da Pavia (non lontano dal centro di ipovisione in cui si sarebbe dovuto curare a seguito di più perizie) è però cominciata una mattanza da 16 morti in 5 mesi, iniziata con l'assassino di Umberto Bidognetti, papà di un pentito. Ecco perché più di qualche investigatore è certo che ci sia lui dietro a tutto.


Se si sovrappongono le sue sentenze per associazione mafiosa alle ordinanze che impongono cure e ricoveri, si ha un quadro clinico/criminale quantomeno surreale: Setola è al tempo stesso un tipo da bastone bianco con cane al guinzaglio, che a un certo punto sparisce, e da quel punto in poi, si fa notare in giro. Sparando.

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