Bossi allontana le urne: «Avanti a tutta forza»

La grande attesa attorno alla convention di Futuro e Libertà del fine settimana sta rapidamente scemando, anche se Fini tiene virtualmente aperta l’ipotesi dell’«appoggio esterno». Anche i più speranzosi dell’opposizione, quelli che gli lanciano accorati appelli perché «stacchi la spina» al governo, non ci credono più.
Il presidente della Camera, secondo quanto raccontano gli assidui pontieri che da Fli hanno tenuto in queste ore i contatti con lo stato maggiore berlusconiano, aspetta il discorso del premier oggi alla direzione Pdl per poter dire se l’invito finiano a «rilanciare» l’azione di governo è stato raccolto. E se, come si annuncia, Berlusconi ritirerà fuori il programma dei «cinque punti» sui cui si era recentemente ripreso la fiducia in Parlamento e annuncerà uno scandenzario di iniziative da portare in Consiglio dei ministri, Fli potrebbe prendere atto della buona volontà.
Un gioco delle parti, destinato solo a rinviare il problema di convivenza tra i due poli interni alla maggioranza. Ma, come confidava ieri un membro di governo finiano, «Berlusconi non vuole andare al voto e noi non possiamo, quindi tocca convivere ancora». D’altro canto Fini ha bisogno di uscire dal guado, di far tacere per un po’ le voci che gli chiedono di fare il killer del governo (al prezzo di rompere i ponti con gran parte dell’elettorato di centrodestra) e ha bisogno di guadagnare tempo. Il suo scenario preferito, fino all’esplosione improvvisa del caso Ruby, non prevedeva strappi a breve termine. L’idea era quella di logorare il governo Berlusconi tenendolo appeso alle continue trattative con Fli su ogni voto importante; dissanguare lentamente il Pdl assorbendone gli scontenti, e radicare sul territorio il suo partito. Con l’obiettivo di assestare alcuni colpi alle prossime amministrative, e di rafforzare dentro il centrodestra l’idea di una potenziale leadership alternativa. La sua. Terzi poli e ambigui «governi tecnici» con la sinistra non sono certo la prima scelta, per Fini, ma solo armi di deterrenza per i casi estremi.
Ma il presidente della Camera deve tenere comunque alto il prezzo della convivenza e non dare l’idea di cedere. E quindi le «provocazioni», come le definiscono nel Pdl, sono destinate a proseguire. Lo si è visto ieri, con la richiesta del finiano Briguglio, subito avallata da D’Alema, di chiamare il premier davanti al Copasir per discutere della sua «sicurezza» (dalle escort). E poi con il film andato in onda in serata in commissione Bilancio, dove è in discussione la legge di stabilità e dove i membri del Fli hanno dato vita assieme a quelli di Udc, Api e Mpa ad una riunione del virtuale «terzo polo» (tagliando fuori il Pd) per discutere di emendamenti comuni. Uno in particolare, quello sul finanziamento della riforma dell’Università, cui Tremonti si è opposto ma che con i voti del Fli e delle opposizioni potrebbe passare.
Non è, come speravano dal centrosinistra, il tentativo di creare l’incidente che può far saltare per aria il governo.

Piuttosto la mossa serve ad aumentare il potere contrattuale dei finiani dentro la maggioranza e a dimostrare che, se vuole andare ancora avanti, Berlusconi dovrà fare i conti con le richieste di Fli, e con la sua volontà di fare da contraltare alla Lega.

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