Roma - Metà berlusconiano metà tremontiano, più amico del ministro dell’Economia di buona parte del Pdl, addirittura volenteroso «paciere» tra Berlusconi e Tremonti, che non è che si amino. Il Bossi tardo 2011 è molto diverso da quello che diciassette anni fa ribaltò il governo Berlusconi I. Come non esistono le divisioni nel suo partito, inventato da quei mascalzoni dei giornalisti, così pure le tensioni tra il premier e Tremonti sono più fumo che arrosto, «secondo me, alla fine è più il casino che fanno i giornali, che creano confusione, danno illusioni sbagliate». Ci penserà lui, se serve, a riannodare i rapporti nel Pdl. Da ribaltonista a diplomatico. E il voto anticipato, che sembrava aleggiare nelle sue parole dell’altro giorno («è complicato arrivare al 2013»)? Si direbbe già archiviato dallo stesso Bossi, che ora sostiene che si potrà andare a votare non prima di aver fatto un certo numero di riforme, che è impossibile portare a casa in meno di un anno come minimo, e quel punto tanto vale aspettare la primavera 2013.
È questo il Bossi che dovrebbe staccare la spina alla maggioranza e accorciare la vita alla sedicesima legislatura? Maggioranze allargate non ne vede, anche perché non servono, «per adesso i numeri li abbiamo», dice il Bossi berlusconiano (cui ha un debito d’onore: «se Berlusconi non mi dava i voti, il federalismo non passava, con me la parole va tenuta»). Quasi un falco berlusconiano, fedele all’alleato e pronto a segargli qualunque sfidante interno: «Può essere tutto, ma senza Berlusconi dove vanno? Chi piglia i voti, Scajola? Berlusconi l’avete trasformato in un criminale ma a una bella fetta di gente è ancora abbastanza simpatico. Prendere i voti è una cosa difficile».
Poi parla il Bossi tremontiano, dopo una serata passata a Pavia col ministro (lo rivede oggi), e butta a mare l’ipotesi di un condono («Non ho capito perché il condono... Forse vogliono i soldi per fare nuove leggi»), odiata da Tremonti. L’intesa col ministro dell’Economia è tornata forte, dopo un ribasso coincidente con lo show padano di Pontida, dove bisognava rimproverargli un po’ di cose, soprattutto i tagli ai Comuni. Ma poi i sindaci si sono messi a fare troppo i «rompiballe», e Bossi ha perso un po’ di amore per quella causa, preferendo a loro i «poveracci», i pensionati, da salvare dal taglio delle pensioni. L’asse Tremonti-Bossi si sta esplicando anche nella difesa di Grilli come candidato a Bankitalia, soprattutto perché l’alternativa è l’uomo di Draghi, che Tremonti non sopporta e Bossi di conseguenza (mentre Maroni è in contatto col governatore di Bankitalia...).
C’è quindi il terzo Bossi, quello «calderoliano», nel senso che il capo ascolta il ministro bergamasco, delegato per le materie che spetterebbero formalmente a lui, cioè le riforme (federalismo fiscale e costituzionale). E Calderoli ha una road map precisa, ancorché molto ambiziosa: rifare la costituzione in senso federale, tagliando anche il numero di parlamentari. E quindi, solo dopo, cambiare la legge elettorale. Ed ecco il Bossi alla bergamasca sostenere che «il vero problema è che la gente oggi vuole scegliere il candidato, quindi non sceglie più il partito ma le persone: questo è quello che emerge. Qualche anno fa tutti erano convinti che poi i vari candidati per fare le elezioni andavano a farsi dare i soldi e a rubare, quindi avevano fatto la legge. Ma oggi si sono ricreduti tutti, e quindi bisogna trattare con tutti e poi vediamo».
Oggi riunione in via Bellerio, con parecchi temi sul piatto.
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