Bossi: governo morto, si vota

Il Senatùr: "Sono finiti, basta solo aspettare che cadano al Senato". Esecutivi tecnici? "Mai". E Berlusconi si prepara: "Pronto a rimediare ai guasti combinati da Prodi"

Bossi: governo morto, si vota

Domodossola - Onorevole Bossi, qual è lo stato di salute del governo?
«Ma quale salute... L’esecutivo è già bello che morto. (boccata di toscano) Mor-to!».

Con difficoltà, è vero, però finora ha retto.
«La scorsa settimana è andato sotto sette volte. È la certificazione che la strada è segnata, che siamo alla frutta».

Insomma, Berlusconi l’ha convinta?
«Di lui mi fido, come sempre. E sul punto il Cavaliere non ha alcun dubbio. Ma è soprattutto quello che vedo che mi fa parlare in questo modo. L’odore è quello di un governo già morto. E io di fiuto ne ho molto. Basta aspettare che la Finanziaria arrivi in Senato e poi...».

Poi?
«Poi si vota».

Alternative alle elezioni anticipate?
«Mi prende in giro? Nessuna alternativa».

Niente governi tecnici?
«Mai. Il nostro appoggio non l’avrà di certo. E spero che la Lega non sia l’unica a pensarla così».

Neanche se fosse per riscrivere la legge elettorale e archiviare il referendum?
«Assolutamente no. Le riforme andavano fatte prima, ormai siamo fuori tempo massimo. Sarebbe solo una scusa per tirare a campare».

E un esecutivo di transizione che porti a elezioni?
«Allora non ci capiamo proprio (altra boccata di toscano). Dopo Prodi c’è solo una cosa: le urne. Punto».

Fini dice che qualche alleato è «tentato» dall’idea di «allungare la legislatura». Con chi ce l’ha?
«Un’idea me la sono fatta... Ma preferisco parlare solo della Lega. E noi non siamo affatto tentati. Non abbiamo mai pensato ad altro che alle elezioni, anche quando ci furono le consultazioni dopo che il governo andò sotto sull’Afghanistan».

Ma è possibile che Fini abbia ragione?
«Dopo tutto quello che ha combinato il governo Prodi, dalle tasse al Tfr che è stato tolto ai lavoratori, la gente ucciderebbe chiunque decidesse di fare qualsiasi tipo di inciucio».

Insomma, Casini la preoccupa o no?
«Casini non lo frequento, ma non credo possa permettersi di scegliere una strada diversa da quella delle urne. Non penso che lo possa fare nessun leader del centrodestra, perderebbe non solo gli elettori ma anche il partito. E poi mi pare che da qualche tempo si sia riavvicinato molto alla Cdl».

E il Quirinale. Lei dà la crisi di governo praticamente per scontata e a quel punto la palla passerebbe a Napolitano. Teme le sue decisioni?
«Lasciamo perdere il Quirinale».

Molti sostengono che il Colle farà il possibile perché in un eventuale dopo Prodi prima di andare alle urne si riprenda la strada delle riforme...
«Le ho detto che è meglio lasciar perdere...».

Però in Commissione la Lega ha votato più d’una volta a favore del testo sulle riforme istituzionali proposto dalla maggioranza.
«È poco informato. Ai miei ho chiesto di astenersi, anche perché quello che conta non è certo il voto in Commissione ma quello in Aula».

E infatti sul voto finale vi siete astenuti.
«Appunto. Proprio per non lasciare la scusa a chi di dovere di metterci sotto ricatto quando ci sarà la crisi di governo e dirci “visto che avete votato a favore vi do la possibilità di andare avanti nonostante il governo non ci sia più”».

Per «chi di dovere» intende il Quirinale?
«Ci siamo astenuti per non dare a nessuno la scusa per evitare il voto e prolungare la legislatura. Sarebbe stato stupido prestarsi a un’operazione del genere. Ho mandato a Roma il buon Roberto Cota (capogruppo della Lega in commissione Affari costituzionali, ndr) proprio con il mandato di astenersi e evitare trappole. Quel che conta, tanto, è il voto dell’Aula. E se per un miracolo il governo dovesse restare in piedi, a quel punto valuteremo il testo e, qualora lo ritenessimo utile, potremmo anche sostenerlo».

Sulla legge elettorale qualche giorno fa D’Alema ha aperto al sistema tedesco e anche Veltroni ha lasciato qualche spiraglio. Che ne pensa?
«È un sistema che non vogliamo, siamo completamente in disaccordo. Allora è meglio quello attuale. Eppoi era un discorso da fare prima, visto che è da tempo che spingiamo per riscrivere la legge elettorale. Invece loro ne hanno iniziato a parlare oggi perché si sentono a fine corsa. È un modo per dire che, qualunque cosa succeda al governo, c’è una ragione per tirare avanti. E queste sarebbero riforme?».

Sabato a Milano c’è stata la costituente del Partito democratico. Un progetto che la convince?
«È solo un matrimonio d’interessi. Noi siamo separati ognuno a casa sua ma almeno restiamo amici. Dall’altra parte, invece, stanno sotto lo stesso tetto ma già non si sopportano più. È la cosa peggiore che potessero fare, il Pd è nato da 24 ore e sono già separati in casa. Non vedo dove possano andare».

Però Veltroni ha parlato di un Pd «federalista e favorevole all’autonomismo»?
«Ormai sono diventati tutti federalisti... Be’, vuol dire che abbiamo lavorato bene. Meno male, perché io invece di fare il medico mi sono buttato sulla Lega e non tutti a casa mia erano d’accordo...».

Insomma, il Partito democratico può essere in futuro un soggetto con cui dialogare oppure no?
«Non lo so. Solo il tempo lo dirà».



Ma è vero, come scrivono i giornali, che la maggioranza vi sta corteggiando?
(Ride all’ennesima boccata di sigaro) «E chi lo dice? E comunque che per vincere le elezioni si debba fare l’accordo con la Lega non mi pare una novità. Solo che Berlusconi ha avuto la fortuna di capirlo per primo...».

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