Per Bossi il governo non è a rischio: "Ma se minacciano Silvio, alle urne"

Il leader del Carroccio: "Più va avanti questa storia dei magistrati, più fanno un favore al Cavaliere"

Per Bossi il governo non è a rischio: 
"Ma se minacciano Silvio, alle urne"

Roma - Il can can giudiziario su Ruby e le altre? «Fa solo guadagnare voti al premier», assicura Umberto Bossi.
In una domenica in cui la tensione politica è salita al livello di guardia, insieme all’attesa per le carte dell’inchiesta; e le voci più allarmanti si rincorrono tra Roma, Milano ed Arcore, si fa vivo l’alleato di riferimento di Berlusconi, e blinda i destini del governo: o Silvio (e il federalismo) o il voto. Chi preferisce le urne si accomodi: e Bossi sa bene che a chiedere di vedere il bluff saranno in pochi; da Casini al Pd (per non parlar di Fini) nessuno all’opposizione ha una gran voglia di elezioni precoci. «Il governo non è a rischio», proclama da Lonate Pozzolo, e con una punta di sarcasmo aggiunge: «Capisco Berlusconi che si arrabbia, ma è meglio che lasci stare la magistratura, tanto di voti ne prende già tanti. Meglio non esagerare».
Così Bossi rompe il silenzio mantenuto in questi giorni, da quando è riesploso il caso Ruby, e disperde in un sol colpo i sospetti e i gossip che si erano addensati sul mutismo della Lega, e le speranze di chi vi aveva letto un inizio di presa di distanza, e il prodromo di un colpo finale alla stabilità di questo governo.
Bossi rifila anche un rimprovero postumo al presidente del Consiglio, che ha fatto di testa sua sorvolando sui suggerimenti leghisti: «Se Berlusconi mi dava retta e fossimo andati alle elezioni allora - sottolinea il leader della Lega, e il riferimento è alla crisi estiva provocata dalla rottura con Gianfranco Fini - non sarebbero avvenuti tanti pasticci, avremmo già fatto le elezioni e le avremmo già stravinte». Comunque, sembra dire Bossi, cosa fatta capo ha: Berlusconi ha preferito evitare le elezioni anticipate, il governo è andato avanti ed è bene che continui, almeno fino a quando non sarà garantita l’approvazione della riforma di cui il Carroccio ha fatto la sua bandiera, e che la prossima settimana sarà al vaglio della Bicamerale in Parlamento: «Prima dobbiamo fare il federalismo», sul quale Bossi si mostra assai ottimista: «Abbiamo i voti per farlo passare in commissione, e abbiamo anche ottenuto la possibilità di dare un po’ di soldi ai Comuni nell’interregno fra qui e il 2014, quando il federalismo fiscale entrerà in vigore. Ho trovato l’accordo con Tremonti».
Ma è «certo», aggiunge però il capo del Carroccio con l’aria di chi mette la pistola carica sul tavolo, che «se Berlusconi si sente così minacciato potrebbe accelerare la corsa verso il voto». E verso una campagna elettorale che, insinua Bossi ben sapendo di titillare la segreta paura più diffusa tra tutti gli avversari del premier, si trasformerebbe facilmente in un referendum pro o contro Berlusconi e la sua vita privata invasa dalla procure: «Purtroppo o per fortuna di Silvio - nota l’alleato - queste vicende gli fanno guadagnare voti, anzi spero di guadagnarli io con la Lega. Ma la gente comincia veramente a pensare che sia un perseguitato, e dunque gli darà voti».


Il suggerimento dell’alleato nordista al premier è chiaro: eviti di aprire uno scontro frontale con la magistratura, che in questa fase di estrema instabilità tracimerebbe subito in scontro istituzionale col capo dello Stato (che è anche capo del Csm) e che alimenterebbe la conflittualità anche con l’oppositore più pacifista di questo momento, ossia Casini (il vice presidente del Csm è l’Udc Vietti). E chiarire a chi, fuori della maggioranza e magari anche dentro, pensa a una via d’uscita soft dalla crisi (tipo governo «tecnico») che per Berlusconi e Bossi l’unica alternativa a questo esecutivo sono le elezioni.

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