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Bossi: "L’Italia è federalista, ma non ci basta"

Il Senatur chiude la tre giorni padana: "Ora salari differenziati". Poi rilancia l’asse con Berlusconi: "Alleati si va più lontano". Gli applausi più forti alla lotta contro gli extracomunitari clandestini: l’anno prossimo catena umana lungo il Po

Bossi: "L’Italia è federalista, ma non ci basta"

Venezia - Alleati si va più lontano, dice Umberto Bossi prima di vuotare in laguna l'ampolla con l'acqua del Po. Non parla dei popoli padani, che vorrebbe comunque «liberi in uno Stato libero, indipendente e sovrano». Si riferisce al Pdl. O meglio a Silvio Berlusconi, perché con Gianfranco Fini le distanze sono sempre marcate. «Da soli si arriva prima - chiosa il Senatùr - ma in gruppo si va più lontano. E se il gruppo è fatto dalla Lega e da Berlusconi, è come essere sulle spalle di due giganti. Vedi più lontano».

L'asse tra i due leader resiste. E lo stato maggiore leghista, ripetendo per la quattordicesima volta il rito dell'ampolla, frena sulle elezioni anticipate. Il ministro Roberto Maroni ripete che «senza la Lega il governo non c'è», ma non minaccia il ricorso alle urne. «Votare oggi sarebbe una pazzia - precisa il ministro Roberto Calderoli -, in questo momento si stanno realizzando le riforme. Abbiamo un programma da realizzare che porta le firme di tutti i leader della coalizione, è un programma scritto e va rispettato». I padani a Venezia non cercano nuovi nemici, non scavano altri fossati ma galvanizzano il loro popolo (80mila i presenti per gli organizzatori, metà secondo la polizia). Riepilogano i successi al governo e calcano la mano sulle parole d'ordine. Bossi rispolvera il vecchio progetto secessionista che però non è il più premiato dall'applausometro popolare: le ovazioni maggiori vanno alla lotta contro l'immigrazione clandestina, alla campagna per gli stipendi più alti al Nord e al ministro veneto Zaia. «Bossi ci ha insegnato a sognare», tuona Rosi Mauro, la sindacalista pasionaria. Ma gli elettori leghisti sono più attratti dai risultati immediati che dagli scenari futuribili.

Il vertice del Carroccio gioca una partita d'attacco, dove ognuno ha un ruolo: il Senatùr lancia le provocazioni, i luogotenenti mietono i risultati ognuno nel suo campo. Bossi annuncia che l'anno prossimo sarà ripetuta la catena umana lungo il Po («un argine a quelli che vogliono spalancare i cancelli agli stranieri», spiega Calderoli che non vorrebbe ritrovarsi «un prossimo presidente del consiglio un po' abbronzato»). Il federalismo è un obiettivo raggiunto, ma non basta: implica i salari differenziati regione per regione, il dialetto a scuola, «i nostri insegnanti e i nostri giudici». «La Lega non è nata per vincere un'elezione ma per cambiare la storia d'Italia, vogliamo cambiamenti epocali, il nostro è un progetto complesso verso la libertà del Nord. Saremo liberi, con le buone o con le meno buone», garantisce. Anche Calderoli riscrive un pezzo di storia, dice che nel 1861 «solo l'1,7 per cento degli italiani parlava l'italiano, lo stesso re fece il discorso dell'unificazione in piemontese, e poi come si può definire unita un'Italia alla quale mancavano il Triveneto e il Lazio?». Maroni dettaglia i suoi tre successi: lotta alla mafia, alla clandestinità e alla criminalità comune. «Con il nostro governo sono stati arrestati in media otto mafiosi al giorno, Natale e Capodanno compresi. Alla mafia abbiamo sequestrato beni per quattro miliardi e mezzo di euro oltre a 800 milioni in contanti che gireremo alle forze di polizia per operare ancora meglio. Gli sbarchi sono diminuiti del 95 per cento, ma il mio obiettivo è arrivare al 100 per cento. I reati sono ovunque in calo».

«Mi rendo conto che così ci si fanno tanti nemici - aggiunge il ministro dell'Interno - Abbiamo toccato le organizzazioni criminali nei loro interessi e giungono segnali che pezzi grossi della mafia in carcere pensano di fare qualcosa, ma noi non abbiamo timore, vogliamo sconfiggere per sempre questo mostro. Gli attacchi a Berlusconi in realtà sono contro di noi che siamo il motore delle riforme, siamo noi l'oscuro oggetto del desiderio di queste forze, il bersaglio è l'asse Berlusconi-Bossi. A Berlusconi diciamo: non mollare, non cedere ai ricatti, tieni saldo il rapporto con chi garantisce la possibilità di cambiare il Paese».

Sul palco galleggiante davanti alla Riva degli Schiavoni, mentre un gigantesco striscione dei leghisti di Gallarate oscura il tricolore appeso ogni anno a una finestra di fronte, sfilano il ministro Luca Zaia («pronti a commissariare la sanità calabrese che ha un buco di 1,7 miliardi di euro»), i capigruppo Cota e Bricolo, il regista del film «Barbarossa» Renzo Martinelli con tanto di comparse vestite come l'esercito dei barbari. Esordisce la neoeletta presidente della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto («anche il Comune e la Regione presto saranno nostri»), cui vanno i complimenti di Bossi: «Bella, giovane e brava». Poi il Senatùr si guarda attorno: «Il palco è pieno di belle ragazze. Ci vorrebbe Berlusconi. Gli auguro tutte le donne del mondo, ma lasciamo perdere queste faccende.

Non vorrei che sentisse che la Lega ce l'ha duro e poi si iscrive al partito».

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