"Siamo un partito vivo e vivace. Mercoledì a Varese ho visto grande passione, a me piace la Lega delle passioni, del tutti uniti". Roberto Maroni calca la piazza milanese al fianco del "cerchista" doc Marco Reguzzoni e prova ad archiviare le polemiche sulle divisioni interne al Carroccio. I lumbard ripartono dalla manifestazione anti governativa per dare un chiaro segnale al premier Mario Monti ("Vada fuori dai coglioni") e agli ex alleati ("Silvio, faccia cadere questo esecutivo"). Ma, sotto l'immagine di facciata, i problemi, le divisioni e i giochi di potere restano. Non sembra sufficiente il cambio alla Camera del capogruppo, con Giampaolo Dozzo che venerdì sera è subentrato a Marco Reguzzoni. Tanto che proprio mentre il leader Umberto Bossi parla dal palco la folla di piazza Duomo urla "Maroni, Maroni!" chiedendo all’ex ministro di parlare. Il Senatùr prende tempo e non glielo consente: si alza una selva di fischi all’indirizzo del Capo che invita Maroni e Reguzzoni a stringersi la mano sul palco (guarda il video).
Non bastano le rassicurazioni di Bossi. A questo punto, la frattura è segnata anche dai fischi. "La Lega non è mai stata divisa - assicura Bossi - eravate voi che lo speravate, ma sapevo che non sarebbe successo niente". Durante il corteo si affrettano tutti quanti a giurare che la Lega è più unita cxhe mai. "È stato facile riunire", rimarca il Senatùr. E così l'ex capogruppo alla Camera, il bossiano Reguzzoni, e l'ex titolare del Viminale marciano dal Castello Sforzesco a piazza Duomo fianco a fianco. "Il mio non è stato un passo indietro ma è la dimostrazione che non siamo attaccati alle poltrone", spiega Reguzzoni. Eppure è lo stesso Bossi a lodare il fatto che tutti quanti "hanno dimostrato tanta saggezza per evitare rotture" facendo "passi indietro" e mettendo da parte ogni discussione. Sforzi che, a quanto pare, non sono bastati. Quando il Senatùr attacca con l'invettiva contro "il governo infame", la folla incita l’ex titolare del Viminale a prendere la parola. Si sentono nette le urla: "Maroni, Maroni!". Bossi prima prende tempo, poi decide di non far parlare l'amico Bobo. Ed è proprio in quel momento che dalla folla (Roberto Calderoli parla di almeno 70mila presenze) si alzano i fischi Contro il Senatùr.
La manifestazione contro Monti non riesce, dunque, a sancire la pax leghista firmata, settimana scorsa a Varese, dalle due fazioni interne. Eppure lo stesso Maroni aveva spiegato che il Carroccio si è riunito a Milano "per protestare contro un governo che mette solo tasse e che risparmia i grandi poteri dalle liberalizzazioni. Noi diciamo queste cose in piazza oggi con la forza del nostro popolo". Tra i manifesti spiccano i cartelli che accostano l’immagine del Professore a quella del ragionier Ugo Fantozzi con la scritta: "Stesse capacità". Gli altri sono slogan storici: "Basta tasse, basta Roma", "150 anni di sfruttamento, la Padania ora vuole l’indipendenza" e "Il governo è avvisato, il padano si è incazzato". E ancora: "Macelleria Monti" con la caricatura del premier che sul banco da macellaio fa a pezzi un povero pensionato. Anche ai soliti cori "Secessione, secessione" i militanti leghisti intonano: "Chi non salta Cosentino è!".
Lo stesso Bossi prima avverte che alle prossime elezioni amministrative la Lega è disposta anche a correre da sola ("Possiamo anche vincere"), poi invita l'ex premier Silvio Berlusconi a non appoggiare più il governo tecnico. "A Berlusconi do un suggerimento, la Lega ti chiede di far cadere questo governo infame o non riuscirà a tenere in piedi il governo della Lombardia, dove ne stanno arrestando uno al giorno", spiega il leader del Carroccio facendo presente al Cavaliere che non può pretendere di parlare con la Lega e "contemporaneamente sostenere il governo Monti". Che sia un bluff o una minaccia sarà chiaro solo nei prossimi giorni.
Il corteo si chiude, infine, con un insulto e una mancata stretta di mano. Mentre dal palco, prima di intonare il Va' pensiero, il Senatùr scalda la folla con lo slogan "Padania? Libera. E Roma? Fanculo...", sotto il palco i più notano il mancato abbraccio tra Maroni e Reguzzoni.
Per tutta la mattinata i riflettori delle telecamere e gli obiettivi delle macchine fotografiche sono stati puntati sui due esponenti di spicco del Carroccio. I due, però, non si sono neanche stretti la mano. Alla fine del comizio, l’ex capogruppo si è avvicinato all’ex ministro dell’Interno senza riuscire tuttavia a scambiarsi un saluto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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