Bossi rassicura Silvio: «Riposa, ghe pensi mi»

RomaL’ultimo fango a Milano non riesce a incrinare l’asse Berlusconi-Bossi. Il Senatùr difende l’amico Silvio, sotto attacco come forse mai prima d’ora, e respinge le avances del sindaco di Torino Sergio Chiamparino che aveva tentato il ricatto con un: «La Lega molli Berlusconi e avrà l’ok al federalismo». «Berlusconi è stato praticamente circondato, tenuto sotto pressione, controllato da tutte le parti - dice Bossi ai cronisti a Montecitorio -. È facile in questo caso trovare delle cose». Poi, l’amara considerazione: «In un Paese normale e democratico queste cose non avvengono. Non si mette così sotto pressione il presidente del Consiglio. È il presidente del Consiglio, mica la mafia». Anche per il leader della Lega il premier è stato trattato come un criminale. Motivo per cui Bossi aveva già dichiarato di aver trovato il Cavaliere un po’ «gibollato». Ossia ammaccato, acciaccato in dialetto lumbard. Da qui il consiglio di «andare un po’ a riposare da qualche parte. Tanto qui ci pensiamo noi della Lega». Ma, a scanso di equivoci, il ministro delle Riforme tiene a precisare che quel «riposare» non significa «dimissioni». Una richiesta di farsi da parte avanzata dalle opposizioni che non verrà soddisfatta. «Sanno bene che quella roba lì non la fa. È inutile chiedere cose che non servono». Una porta chiusa in faccia alla proposta di Chiamparino che aveva ventilato l’ipotesi di un governo Lega-Pd-Terzo polo, mettendo da parte il Cavaliere.
Avanti così, quindi, con la certezza che l’ultimo attacco a Berlusconi da parte della procura di Milano anche questa volta andrà a vuoto. Ma con anche la consapevolezza che il periodo non è dei più tranquilli. Un po’ per la situazione economica che non fa dormire sonni tranquilli; un po’ per lo strascico del caso Ruby che sembra saldarsi con l’assalto al federalismo, ragione di vita della Lega. Ma anche sul fronte della riforma Umberto e Silvio sembrano aver siglato un patto sotto la bandiera del «federalismo o voto». Così, ben venga la concessione di una proroga di qualche giorno al primo decreto attuativo sul federalismo municipale ma non si vada oltre. L’obiettivo è quello di raggiungere un’intesa più ampia possibile ma senza dilatare i tempi all’infinito. Ecco perché ieri sempre Bossi mostrava i muscoli nei confronti di Fini e Casini che avevano parlato di una proroga di mesi. Aspettare così tanto per ottenere il disco verde del terzo polo? Il Senatùr risponde con una pernacchia.
A mediare sulla questione c’è il numero due della Lega, Roberto Calderoli. Mentre il numero uno lancia un avvertimento a tutti: «Se ci sono i numeri si può andare avanti, altrimenti c’è sempre il voto». L’arma forte resta quella del voto, sorta di pistola appoggiata sul tavolo. Certo, le elezioni anticipate non le vuole nessuno, nemmeno Bossi. Il quale, infatti, alla domanda se le elezioni siano più lontane, risponde con uno «spero di sì». L’ottimismo del Senatùr poggia su due considerazioni. La prima è che, sebbene Casini e Fini si dicano pronti alle urne, in realtà stanno bluffando.

La seconda è che in più occasioni il Cavaliere ha garantito che la maggioranza verrà puntellata da altre forze provenienti dall’opposizione. Vero? Bossi non si sbilancia: «Vediamo, non sono un mago», dice a chi gli chiede se il nuovo gruppo dei «responsabili» sia in grado di fare la stampella in maniera solida.

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