Bossi rinvia le urne: "Se Silvio va avanti per noi va bene"

Dopo aver spinto per le elezioni, il Senatùr frena: "Siamo alleati fedeli, in aula voteremo la fiducia"

Bossi rinvia le urne: "Se Silvio va avanti per noi va bene"

Roma La svolta arriva in tarda serata. «Se il premier dice che bisogna andare avanti, per noi va bene». Parola di Umberto Bossi. A Saluzzo, in provincia di Cuneo, dove ha inaugurato la festa dei popoli padani, il leader della Lega ha annunciato davanti alle telecamere il rapido allineamento alla strategia di Berlusconi. Il governo deve governare, «per il bene dell’Italia», aveva detto il Cavaliere. Quindi niente elezioni, almeno per ora. A meno che siano i finiani a provocare la crisi.
«Berlusconi è il leader - è il ragionamento di Bossi ai cronisti -. Se lui dice bisogna andare avanti così, va bene anche per noi. Siamo alleati seri e non litigheremo. Non voteremo certo noi la sfiducia». Già, perché «con Berlusconi abbiamo stretto un patto, lui ci ha dato i voti per il federalismo, quindi manterremo la parola: gli daremo il voto in aula – ha aggiunto Bossi –. Noi ci ricordiamo sempre di chi ci ha aiutato, e non accoltelliamo alle spalle». Il premier intanto «cerca anche alleati diversi», ha incalzato poi una giornalista. «Questo lo dice lei», ha tagliato corto il Senatùr. Fini dice che la Padania non esiste? «Ah ah ah. Non ha capito che siamo un popolo dalla montagna al mare. Siamo più forti di lui e di tutte le stupidaggini che dice». Quanto al ricorso contro Cota in Piemonte, «dietro c’è Casini, dice che le cose non sono posto, invece sono a postissimo. Eppure un magistrato dice che non è cosi mi sembra un paese di m...: uno vince le elezioni e arriva un magistrato che gli dice che le cose non sono a posto, ma dove siamo? La Lega è buona, ma non è un partitello». E intanto avanti col governo, perché «il federalismo è bell’e fatto, adesso passeremo al decentramento. Sposteremo dei ministeri nelle città del nord e anche al sud, perché no, non va bene che siano tutti a Roma».
Parole nettissime, forse decisive per il proseguo della legislatura. Arrivate al termine dell’ennesima giornata movimentata per il Carroccio, con ministri e colonnelli impegnati in un susseguirsi di strappi, accelerazioni e frenate. La voce più energica è stata quella di Roberto Calderoli: «Consiglierò a Bossi di non partecipare alla prima chiama sulla fiducia». Il ministro taglia-leggi ha anche rilanciato la volontà di salire al Quirinale dopo la festa dei Popoli padani, che si chiuderà domenica a Venezia. Perché se è vero che Napolitano non può sfiduciare Fini come presidente della Camera, Calderoli ricorda che «la Costituzione prevede si possa sciogliere anche un solo ramo del Parlamento». Nel caso specifico, naturalmente, quello dove il presidente dell’assemblea è anche fondatore di un gruppo parlamentare: «A Napolitano intendiamo segnalare quello che sta accadendo rispetto al regolamento, alla Costituzione e, soprattutto, quello che si rischia accada».
Da Atreju, Maroni si è augurato che la legislatura vada avanti, ma poi ha fatto un esempio: «Il pacchetto sicurezza è stato approvato perché avevamo un’importante maggioranza che condivideva le nostre iniziative».

Se la maggioranza dovesse mancare, ecco allora che «la politica per la sicurezza diventa meno efficace: occorre un governo forte per il contrasto alla criminalità, altrimenti è meglio andare alle elezioni». E in quel caso «rivinciamo, stravinciamo e torniamo più forti di prima». Ipotesi diventata politicamente molto meno probabile dopo le parole pronunciate da Bossi.

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