Bossi stavolta è preoccupato «Il casino ci fa perdere voti»

RomaMattone su mattone Umberto Bossi ha costruito una fortezza apparentemente inespugnabile. Non è un caso se la Lega Nord è il partito più longevo tra quelli rappresentati in Parlamento.
Eppure in questo meccanismo quasi perfetto c’è qualcosa che non funziona. O almeno così pare a leggere il sondaggio Ispo pubblicato ieri dal Corriere della Sera. La popolarità del governo Berlusconi ha raggiunto il suo punto più basso con l’apprezzamento di uno striminzito 39% degli elettori. Ma ciò che più risalta è il calo del gradimento nel popolo leghista, sceso dall’83% di febbraio a un più modesto 57%. Circa un elettore del Carroccio su quattro, soprattutto nel Nord-Est, ha cambiato opinione sull’esecutivo. Il tam tam delle Procure e il «pasticciaccio» delle liste non hanno giovato.
«Non bisogna surriscaldare il clima politico perché ciò fa perdere voti», ha commentato Bossi sottolineando che «la gente è abbastanza equilibrata e vuole serenità anche in politica. La gente capisce che il casino è il contrario delle proposte». Non si tratta solo di comune buon senso, c’è dell’altro. Se, almeno in questa fase, la disaffezione verso Palazzo Chigi non si traduce in un’immediata perdita di consensi (in tutti i sondaggi il Carroccio è stabilmente sopra il 10% e in Veneto sopravanza il Pdl), ciò non implica che la situazione sia immutabile. Basti pensare al cambiamento di linea imposto al partito dal Senatùr dopo la bocciatura della lista Formigoni. I «dilettanti allo sbaraglio» si sono trasformati negli artefici di una «soluzione politica» dopo l’approvazione del decreto legge.
Perché la Lombardia è il cuore dell’attività leghista e, persa quella, per il movimento padano verrebbe meno la propria ragione sociale. Come si porrebbe Bossi nei confronti della propria base senza il Pirellone? Come tenere a freno gli homines novi del Veneto senza Milano? Eventualità inimmaginabile. «È il Corriere che insiste nei nostri confronti: io la disaffezione della nostra base non la vedo proprio», spiega il deputato Giacomo Stucchi sottolineando che tanto Bossi quanto il coordinatore delle segreterie Calderoli «sono attenti agli equilibri tra le diverse anime della Lega» e, anche dopo le Regionali, «chiederemo la nostra giusta visibilità».
L’allusione non è casuale. Le due candidature di Roberto Cota in Piemonte e del ministro Luca Zaia in Veneto imporranno, in caso di vittoria di entrambi, un opportuno riequilibrio della compagine governativa. Alle Politiche agricole dovrebbe approdare un altro esponente veneto. Almeno sulla carta.
In Piemonte, ad esempio, il Pdl si è messo in moto per sostenere Cota, mentre, soprattutto a Torino, la Lega e la sua base appaiono un po’ latitanti. Effetti della disaffezione verso il governo? Possibile. Ma anche un eccesso di fiducia nei propri mezzi. «Se il centrodestra vincerà, sarà merito della Lega. Se perderà, sarà colpa del Pdl», si mormora in ambienti pidiellini del Nord. Stando alle voci di corridoio, infatti, non è così sicuro che il sostituto di Zaia, sicuro della vittoria, possa essere un leghista «serenissimo». In caso di sconfitta a Torino, proprio Cota potrebbe prendere quel posto. I delicati equilibri «federali» interni ne risentirebbero.
Accontentare piccoli leader che crescono è solo una parte del puzzle. Il vero problema è conciliare l’anima tradizionale, quella «di lotta» per intendersi, con quella più recente «di governo». Dopo i disordini interetnici di Via Padova a Milano è stato proprio il Senatùr a invitare i propri uomini alla calma. Se Berlusconi non lo avesse designato, il viceministro Roberto Castelli sarebbe stato pronto a correre da solo alla carica di sindaco di Lecco.
I decreti attuativi del federalismo fiscale sono l’obiettivo ultimo con il quale finora si è tenuta a freno la base lombardo-veneta, pesantemente colpita dalla crisi. «Il demanio è diventato un po’ il demonio e lo Stato dovrà restituire ai Comuni i beni che sta lasciando marcire», ha detto Bossi in merito alla questione.
Ecco perché vincere in tutto il Nord e diventare «il primo partito», come ha detto Bobo Maroni, è fondamentale per Bossi & C.

Non è solo questione di posti in giunta o di «peso» da rivendicare alle Comunali milanesi nel 2011. Un partito che «pesca» nel bacino ex-Pci, ma che potrebbe presto essere in grado di influire sulle dinamiche del mondo industriale e bancario non può sbilanciarsi. Perdere la «serenità» sarebbe un peccato mortale.

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