Umberto Bossi è il tipico italiano. Disprezza l'Italia come l'Italiano-tipo, annuncia il suo sfascio imminente ed è convinto che l'erba del Ticino sia sempre più verde, versante svizzero. Critica la Casta e i costi della politica ma sistema suo figlio alla Regionee difende le province per ragioni di bottega. Fa il latin lover, innalza i simboli della virilità, aderisce al gallismo del siculo Brancati e al gallo cedrone del romanesco Verdone. Ha una spiccata gestualità, ama la battuta greve da trivio e usa pernacchie, scoregge, insulti digitali, battute sui cessi da caserma, offese a nani, zoppi, porci, stronzi ecc., come i ragazzi di strada del Sud, detti bastasi o vastasi. Passa per autentico ma regge sul falso della Padania; questa invece è italianità verace, da gita scolastica con rutto libero e giocondo. Di quell' Italia che non ci piace, di cui vorremmo fare a meno, anzi da cui ameremmo secedere, almeno dai suoi modi volgari. E che pensavamo prerogativa di una cafoneria plebea del sud; Bossi invece l'ha nazionalizzata. Non dimentico certo il Bossi che rappresenta l'Italia del nord, concreta e laboriosa, il rigetto della partitocrazia e del politichese, l'alleato leale e indispensabile nei governi del terzo millennio.
Quel Bossi che ha avuto, dopo la scoppola, punte di saggezza e di raro equilibrio e ha mantenuto intatto il suo potere «carismatico» (da padrino della Patria e dell'AntiPatria, un po' Cosa nostra ma senza criminalità). Ma per una volta noi terùn gli chiediamo di essere più europeo e meno italo-meridionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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